Incontriamo padre Blet a Roma, nella
sua stanza al quarto piano della Pontificia Università Gregoriana,
dove vive e prepara le sue lezioni di storia moderna. Per
una fortunata circostanza tocca a noi mostrargli per primi
la sua opera fresca di stampa.
L’amicizia di Pio XII per il popolo
tedesco legittima la deduzione che lo vorrebbe trasformare
in un amico dei nazisti e quindi in un nemico degli ebrei?
Padre Blet sorride e dà un’occhiata
a una fotocopia de Le Figaro: "Questa è la stessa prima
domanda di un’intervista ad uno storico protestante, molto
famoso in Francia. Il fatto che il papa fosse amico dei
tedeschi non significa che fosse amico dei nazisti. È vero
invece il contrario. Pacelli visse per dieci anni in Germania
come nunzio. Aveva amici tra i vescovi ma anche tra i laici.
I vescovi suoi amici erano oppositori del regime nazista:
il cardinale Konrad von Preysing, vescovo di Berlino, il
cardinale Adolf Bertram, arcivescovo di Breslavia. Quest’ultimo
era un po’ più prudente nell’opporsi ad Hitler, perché il
nazismo è arrivato al potere in modo legale. Ma questa non
era solo l’opinione di Bertram. Da ragazzo ho visto spesso
citato un giornale americano che diceva: dopo tutto Hitler
è stato confermato con un referendum che ha dato una maggioranza
schiacciante, quindi si tratta pur sempre di democrazia".
In realtà qual era la posizione
personale di Pacelli?
"Il mio libro si basa sullo sforzo
di fondare tutto sui documenti. Per esempio, non ho utilizzato
nemmeno le memorie di suor Pasqualina, la perpetua di Pacelli,
nonostante contenessero elementi interessanti, perché non
sono prove documentali. Ma farò un’eccezione - non contenuta
nel libro - che mi sembra abbia un certo valore. Il padre
Robert Leiber, segretario privato di Pio XII, mi raccontò
di un pranzo a cui Pacelli, allora segretario di Stato,
fu invitato da François Charles-Roux, ambasciatore di Francia
presso la Santa Sede. Uno dei figli del diplomatico disse
che era meglio avere al potere in Germania un pittore come
Hitler, piuttosto che i generali prussiani. E Pacelli rispose:
Voi non sapete che cosa dite. I generali prussiani hanno
sicuramente i loro difetti, ma questa gente (i nazisti,
ndr) è diabolica".
Questo atteggiamento risulta anche
dagli atti ufficiali del cardinale Pacelli?
"Certo. Per comprendere i suoi
rapporti col nazismo basta leggere le note che inviava dalla
Segreteria di Stato all’ambasciatore tedesco Diego von Bergen.
Sono molto energiche. Nel 1937 l’arcivescovo di Chicago
parlò molto duramente di Hitler: È una cosa incredibile
che un popolo intelligente sia ridotto in schiavitù da un
pittore che non vale un granché. Von Bergen mandò una protesta
al segretario di Stato. E Pacelli rispose: Non sono abituato
a prendere posizione di fronte a dicerie, senza un testo
ufficiale. Ma, d’altro canto, io domanderei che cosa fa
il governo tedesco di fronte agli attacchi, alle ingiurie
e alle calunnie che ogni giorno vengono riversate contro
la Chiesa in Germania? Io faciliterò il compito di Vostra
Eccellenza: il governo tedesco non fa niente!".
Il riferimento è agli attacchi sistematici
della stampa tedesca contro la Chiesa cattolica?
"Gli storici dovrebbero andare
a sfogliare i giornali tedeschi durante il pontificato di
Pacelli - non solo i giornali cattolici, ma soprattutto
i giornali del partito nazista - per vedere in quali toni
parlano di Pio XII. Allo stesso modo, dopo l’enciclica "Mit
brennender Sorge", ci sono state forti proteste. Ora
è riconosciuto da tutti che Pacelli, come Segretario di
Stato di Pio XI, ha preso grande parte alla stesura dell’enciclica".
Vuole chiarire quale fu il ruolo
di Pacelli nella stesura della "Mit brennender Sorge",
l’enciclica di Pio XI, scritta nel 1937, in cui si condannava
la prassi e la filosofia del nazismo?
"Non tratto in modo ampio nel
libro di questa enciclica perché fa parte del periodo in
cui Pacelli era segretario di Stato. Ma è di capitale importanza.
La parte dogmatica - quella che oppone la dottrina cristiana
della creazione e della redenzione operata da Cristo, al
neopaganesimo nazista - fu scritta dal cardinale arcivescovo
di Monaco Michael von Faulhaber, su incarico di Pacelli.
La redazione finale fu affidata a Kaas (presidente del partico
cattolico tedesco) e al padre Leiber. Di chiarissima lettura
la nota di protesta dell’ambasciatore von Bergen: Questa
enciclica, come anche le note della Segreteria di Stato,
mostrano che la Santa Sede non vuol capire la mentalità
del nazionalsocialismo e che non ha per esso nessuna benevolenza.
Dunque Bergen riconobbe che c’era la stessa mano dietro
l’enciclica e le note di Pacelli".
Perché, nelle polemiche sui rapporti
tra il Vaticano e il nazismo, non si parla mai di quella
enciclica?
"È un espediente che consente
di distinguere fra un energico Pio XI e un Pacelli debole
di fronte al nazismo. Papa Achille Ratti decise la stesura
della "Mit brennender Sorge". Ma poi non se ne
occupò. Il padre Leiber mi raccontò che l’enciclica fu pubblicata
subito dopo una sommaria lettura di Pio XI, senza apportare
nessuna modifica. Forse Pacelli non scrisse nemmeno una
parola dell’enciclica, ma possiamo dire con certezza che
è sostanzialmente opera sua. Lui sovraintese a tutte le
fasi di stesura, lui diede le indicazioni sui temi, soprattutto
sull’applicazione del concordato del 1933 fra la Germania
e il Vaticano. Si dovrà riconoscere - dice la "Mit
brennender Sorge" - con stupore e con intima ripulsa,
come dall’altra parte (il governo dei Reich, ndr) si sia
eretto a norma ordinaria lo svisare arbitrariamente i patti,
l’eluderli, lo svuotarli e finalmente il violarli più o
meno apertamente. Poi c’è una frase durissima chiaramente
indirizzata al Führer: Anche se un uomo identifichi in sé
ogni sapere, ogni potere e tutta la possanza materiale della
terra, non può gettare fondamento diverso, da quello che
Cristo ha gettato. Colui quindi che con sacrilego disconoscimento
della diversità essenziale tra Dio e la creatura, tra l’Uomo-Dio
e il semplice uomo, osasse porre accanto a Cristo e ancora
peggio, sopra di Lui o contro di Lui, un semplice mortale,
fosse anche il più grande di tutti i tempi, sappia che è
un profeta di chimere, al quale si applica spaventosamente
la parola della Scrittura: ‘Colui che abita nel Cielo, ride
di loro’".
Le condizioni di pace imposte alla
Germania alla fine della prima guerra mondiale erano particolarmente
vessatorie per l’economia tedesca. Possono aver favorito
l’ascesa di Hitler?
"Erano condizioni inique e stupide.
Tanto valeva che i vincitori decidessero di distruggere
totalmente la Germania, piuttosto che imporre delle condizioni
che portassero l’economia tedesca al tracollo. Su questo
punto si era levato l’ammonimento di Pio XI. Il Vaticano
è sempre stato per la pace in Europa. Sono state invece
l’Inghilterra e la Francia a far crescere Hitler. Quando
Hitler occupò militarmente la Renania, che doveva rimanere
smilitarizzata, se un solo reggimento francese si fosse
opposto, Hitler sarebbe caduto. O almeno ci sarebbe stata
una congiura di generali per rovesciarlo. Poi gli hanno
lasciato fare tutto: l’Anschluss (annessione) dell’Austria,
il trattato di Monaco (che sancì l’incorporazione alla Germania
della regione cecoslovacca dei Sudeti, ndr. Per Pio XI quella
data aveva segnato non solamente la capitolazione, bensì
il capitombolo delle democrazie. Hitler, grazie alla Conferenza
di Monaco, riuscì ad annettersi la parte della Cecoslovacchia
dove erano ubicate le fortificazioni. A quel punto poteva
occupare quella nazione in tutta tranquillità, con le mani
in tasca. E infatti non si sparò un solo colpo di fucile
il 15 marzo del 1939, quando i tedeschi entrarono a Praga".
Quale ruolo esercitò Robert Leiber
a fianco di Eugenio Pacelli?
"Il padre Leiber fu accanto a
Pacelli già dagli anni dell’incarico di nunzio a Monaco
di Baviera. Lo seguì alla Nunziatura di Berlino nel 1925,
gli rimase accanto per il decennio di Segreteria di Stato
e fino alla morte di Pio XII, avvenuta nel 1958. Era lui
che faceva da tramite tra i tedeschi e Pacelli. Ma Leiber
era assolutamente nascosto, non ha voluto scrivere le sue
memorie. Nessuno ha mai parlato di lui. Nell’Osservatore
Romano non si troverà mai traccia del suo nome. Viveva qui
a Roma in una stanza della Gregoriana vicina alla mia. Ogni
giorno prendeva l’autobus 64 per raggiungere il Vaticano.
In questo Ateneo occupava la cattedra di Metodologia storica,
nella quale gli sono succeduto. Prezioso è stato il suo
contributo nella redazione degli Actes. Sono orgoglioso
- nonostante non figuri ufficialmente la sua collaborazione
- perché sono stato io che ho domandato di inserire in questo
lavoro il padre Leiber".
La caduta della fama di Pio XII
inizia con l’opera teatrale "Il Vicario" di cui
Pietro Nenni, socialista ed ex rifugiato politico in Laterano,
si oppose alla messa in scena.
"Quest’opera teatrale, che non
valeva tecnicamente un granché, è stata subito tradotta
in una quantità di lingue. Questa è una cosa macchinata
dall’Est. È molto chiaro. Non nomino mai nel mio libro Rolf
Hochhuth perché come storico non posso discutere con uno
che fa opere teatrali. Lui ha scritto anche un’opera contro
Churchill. Ma gli è costata cara, perché gli inglesi non
sono il Vaticano. Nell’opera contro Churchill, questo signore
accusa il primo ministro inglese di aver ordito l’assassinio
di un generale polacco che in realtà è morto in un incidente
aereo. Il pilota dell’aereo si è salvato. Ma nell’opera
teatrale c’è scritto che dopo qualche tempo fu assassinato
anche lui. È accaduto che un signore si sia entusiasmato
per quest’opera sostenendo che tutto quello che c’era scritto
era vero. Un bel giorno è riuscito a rintracciare il pilota
vivo e vegeto nella sua villa in California. E anche il
pilota gli ha fatto causa".
Ma quale senso avrebbe tutto questo
accanimento?
"Uno storico inglese recentemente
ha pubblicato un articolo su The Tablet per sottolineare
che Stalin aveva bisogno di screditare il Vaticano e che
a Pacelli non era mai stata perdonata la scomunica contro
il comunismo".
Con la caduta del Muro di Berlino
e il crollo dell’impero sovietico, che senso ha la recrudescenza
degli attacchi alla memoria di Pio XII? Si cerca forse di
screditare il presente continuando ad infangare il passato?
"Accusare Pio XII è una operazione
che vuole sottolineare la sciagura nazista, le camere a
gas. Ma quando lei parla di camere a gas non pensa ai gulag
sovietici. I morti sono dieci volte di più. Così i governi
occidentali possono permettersi di avere dei comunisti al
governo. In passato si è pensato che queste accuse servissero
a costringere la Santa Sede a riconoscere lo Stato d’Israele.
Ma anche questo scoglio è stato superato e le calunnie invece
continuano".
C’è secondo lei il tentativo di
mettere i bastoni fra le ruote a Giovanni Paolo II?
"Questo intento mi sembra evidente
nel libro di Cornwell. Lo storico francese intervistato
da Le Figaro, pur essendo protestante, sostiene senza mezzi
termini: Questa è una operazione contro la Chiesa cattolica
e, nonostante sia protestante, sono solidale con essa. Cornwell
porta avanti un grande inganno, sostiene di aver trovato
nuovi documenti e invece non c’è proprio niente di nuovo.
E quando parla dei documenti cita le fonti indirettamente
da opere di altri autori. Si vede che non ha letto niente".