CORRIERE DELLA SERA - Lunedi' 24 Giugno 1996 - Esteri
BERLINO / Il cancelliere saluta la conclusione del
viaggio:
«Wojtyla è il principale artefice della caduta
del Muro»
Storica ammissione sul nazismo.
Kohl applaude: «Lei ha riunito i tedeschi»
Ancora polemiche sui discorsi ufficiali
Oggi saltata una frase che elogiava il ruolo
di Pio XII per le vittime di Hitler
Verso un nuovo Sinodo
Luigi Accattoli
BERLINO - Incontenibile Papa Wojtyla: esalta la libertà
alla Porta di Brandeburgo, loda Kohl che ha «realizzato
l'unità del popolo tedesco», annuncia un Sinodo
europeo, fa beati due martiri dei campi di concentramento
e soprattutto riconosce che furono «troppo pochi»
i cattolici che si opposero al nazismo.
Sì, c'è questo riconoscimento di responsabilità
storica della Chiesa al centro della intensissima giornata
di ieri. Come al centro di quella di sabato c'era stata l'ammissione
di una colpa storica della Chiesa tra le cause che portarono
alla riforma luterana.
Insieme a questi grandi pronunciamenti, nei testi scritti
dei discorsi di ieri e di sabato ci sono altri due passi in
difesa dell'operato della Chiesa e di Pio XII di fronte al
nazismo che hanno invece un tono apologetico.
Ci sono dunque più anime tra i collaboratori del Papa
e più mani tra gli estensori dei discorsi.
A complicare ancora più la situazione c'è il
fatto che la frase dell'altro ieri sulla «resistenza
che tutta la Chiesa oppose al nazismo» e quella di ieri
su Pio XII («Chi non si limita a polemiche di poco conto
sa molto bene cosa pensava Pio XII del regime nazista e quanto
ha fatto per aiutare le innumerevoli persone perseguitate
da quel regime») il Papa non le ha lette.
Facevano parte dei brani che ha saltato, «a motivo
della fretta», dice il portavoce.
Navarro assicura che quelle frasi resteranno nei testi che
andranno agli atti. Ma ovviamente ognuno è libero di
immaginare che invece il Papa non le abbia lette - specie
quella di sabato - perché le sentiva meno adatte al
messaggio di revisione storica che pare voglia trasmettere
con questo viaggio.
E veniamo al riconoscimento della debolezza dell'opposizione
cattolica al nazismo, che il Papa ha compiuto durante l'incontro
di ieri pomeriggio con la comunità ebraica di Berlino.
«Anche se molti sacerdoti e molti laici - ha detto
Wojtyla dopo aver nominato i cattolici più noti che
si esposero in difesa degli ebrei - si opposero a quel regime
di terrore e attivarono varie forme di resistenza nella vita
quotidiana, essi furono tuttavia troppo pochi».
Altra cosa insolita è l'elogio che il Papa ha fatto
di Kohl alla Porta di Brandeburgo: e non mi pare di aver sentito
mai - in bocca a Wojtyla - una lode così forte di un
leader politico.
«Signor Cancelliere, sono molto lieto della sua presenza»,
ha iniziato il Papa, che aveva appena attraversato la Porta,
accompagnato da Kohl e come camminando alla sua ombra, tanto
appariva più piccolo e fragile: «Lei è
il principale artefice dell'unità del suo popolo da
poco ripristinata. Lei ha colto l'opportunità storica
di ridare la libertà a 17 milioni di connazionali e
di realizzare l'unità del popolo tedesco. Ha osato
chiedere non piccoli sacrifici agli abitanti del suo Paese
per realizzare l'unità nella libertà. Voglia
Dio dare la forza a lei e alla sua patria di portare a termine
quest'opera».
Kohl naturalmente non era stato da meno e aveva salutato
il Papa dicendo: «Noi tedeschi le dobbiamo molto»
per non aver mai «accettato la cortina di ferro»,
contribuendo così «a far sì che si realizzasse
il sogno della riunificazione della Germania».
La presenza del Papa ispirava Kohl, che ha invitato cattolici,
protestanti e ortodossi a lavorare insieme alla costruzione
della «casa comune europea», che dovrebbe andare
«dalle cappelle dell'Irlanda fino alle chiese di Kiev
e di Mosca».
La cerimonia alla Porta di Brandeburgo è stata semplice
e forte. Il Papa veniva da Ovest, l'ha attraversata sostando
nel punto in cui fino a sei mesi fa c'era il muro e ha parlato
da una tribuna posta sul piazzale orientale.
«Poiché avevano paura della libertà,
gli ideologi del comunismo di una porta fecero un muro»,
ha detto Wojtyla nel passaggio più bello del suo elogio
della libertà, che ha commosso la gran folla che l'ascoltava.
Oltre al muro comunista il Papa ha pure ricordato l'uso che
della Porta aveva fatto il nazismo: di «imponente scenario
per le parate e le fiaccolate».
Il Sinodo d'Europa, infine, che il Papa ha annunciato all'«Angelus».
Se n'è già fatto uno nel 1991, ma il Papa ne
vuole un altro in vista del Duemila, per «fare in modo
che le grandi forze spirituali del Continente possano dispiegarsi
in tutte le direzioni».
Come avesse voluto dimostrare che può reggere ancora
a grandi fatiche, ieri Wojtyla si era alzato alle 5.30 a Paderborn,
era venuto in aereo a Berlino ed è ripartito in serata
per Roma, dov'è arrivato alle 11 di notte.
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L'UNIONE SARDA - Lunedi' 24 Giugno 1996 -
Dal Mondo
BERLINO: Insieme a Kohl: «No ai totalitarismi»
Il Papa annuncia un sinodo europeo
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Berlino «Avevano trasformato una porta in un muro».
C'è tutta la storia del "Muro", in questa
frase che Giovanni Paolo II ha pronunciato ieri davanti alla
porta di Brandeburgo, il simbolo di Berlino, fino a sette
anni fa punto di confine tra Germania Ovest e Germania Est,
e quindi chiusa. Il Papa, che in mattinata ha voluto annunciare
da Berlino il secondo sinodo per l'Europa, «chiamata
all'unità nella libertà ha così confermato
lo spirito europeo di questa prima visita alla Germania riunificata,
parlando davanti alla Porta ha esaltato il concetto di libertà,
quasi analizzandolo in tutte le sfaccettature e dandone naturalmente
la lettura cristiana dell'idea che "la libertà
farà liberi"».
Giovanni Paolo II è arrivato alla porta-simbolo da
ovest, l'ha attraversata, ha parlato stando in quello che
una volta era il settore orientale, rivolto verso est. «Abbiamo
appena traversato la porta di Brandeburgo - gli ha detto il
cancelliere Helmut Kohl - per noi questo è stato un
momento di profonda commozione». «Noi tedeschi
- ha aggiunto Kohl - le dobbiamo molto. Al superamento dell'ideologia
totalitaria e nemica della fede che aveva diviso il nostro
continente, il nostro paese e questa città, lei ha
dato un apporto determinante, contribuendo a far sì
che si realizzasse il sogno di riunificazione della Germania.
Lei - ha aggiunto - non ha mai accettato questa divisione
così innaturale dell'europa dovuta alla cortina di
ferro». «E proprio lei - ha detto ancora Kohl
- ha saputo infondere coraggio a milioni di persone che fino
a pochi anni fa si vedevano costrette a vivere sotto il regime
comunista».
«La porta di brandeburgo - ha detto il papa - è
stata occupata da due dittature tedesche. Ai dittatori nazionalsocialisti
serviva da imponente scenario per le parate e le fiaccolate,
poi è stata murata dai tiranni comunisti. Poiché
avevano paura della libertà gli ideologi trasformarono
una porta in un muro». «La porta chiusa di Bandeburgo
- ha proseguito - era lì come simbolo della divisione;
quando infine fu aperta, divenne simbolo dell'unità».
franco pisano
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LA STAMPA - Lunedi' 24 Giugno 1996 - Estero
Il Papa: no all'Europa pagana
A Berlino annuncia un nuovo sinodo continentale per il Giubileo
"La libertà non è diritto all'arbitrio"
BERLINO
DAL NOSTRO INVIATO
Praga, Lituania, e adesso Berlino: Papa Wojtyla corona il
suo pellegrinaggio di rivincita nell'Est europeo. Una doppia
rivincita, contro il nazismo prima e il regime comunista dopo;
e un allarme per il futuro: "Non sono solo i dittatori
politici a limitare la libertà - ha gridato dallo Stadio
Olimpico di Berlino, il luogo-simbolo del Reich nazista -
c'è bisogno di uguale forza e coraggio per contrapporsi
al risucchio dello spirito del tempo, che è orientato
al consumo e al godimento egoistico della vita". E lancia
la parola d'ordine, di fronte ai "pagani della metropoli":
"Il nostro compito nel mondo postula da noi cristiani
non di assimilarvisi e di servire i comodi contemporanei rinunciando
così alla nostra identità. Esso richiede invece
che rimaniamo cristiani". Papa Wojtyla desiderava da
molto tempo venire a Berlino, e ha riempito di simbologie
le undici ore della visita lampo nella capitale della Germania
riunificata; ha persino atteso di venire qui per annunciare
un nuovo (secondo) "Sinodo per l'Europa", un'assemblea
straordinaria dei vescovi di tutto il continente per preparare
il Giubileo. "Che vengano creati i presupposti per un'epoca
di autentica rinascita a livello religioso, sociale ed economico".
Papa Wojtyla non ha detto, come fece Kennedy, "Ich bin
ein Berliner", "sono un berlinese", ma avrebbe
potuto. Una città simbolo, Berlino, intorno a un luogo
simbolo della storia di due secoli, la Porta di Brandeburgo,
nata - ironicamente - per ospitare la Dea della Pace. Le Camicie
Brune a falangi hanno sfilato là sotto; il confine
fra il settore russo e britannico l'ha tagliata, il Muro l'ha
coperta. Ma "la forza della violenza e della coercizione,
dei muri e dei fili spinati, non ha potuto lacerare i cuori
degli uomini". Il Papa ha camminato sotto la Porta, a
fianco del Cancelliere Kohl, e ha voluto ricordare che "è
stata occupata da due dittature tedesche. Poiché avevano
paura della libertà, gli ideologi trasformarono la
porta in un Muro".
"Ma esso è crollato proprio come il muro di Gerico
- ha detto il Cancelliere Kohl - è bastato il grido
sonante che invocava libertà. E oggi la Porta di Brandeburgo
costituisce per tutti noi il simbolo della libertà,
della comprensione e della pace".
Al suo arrivo in auto alla Porta di Brandeburgo Wojtyla è
stato contestato da un gruppo di giovani con una salve di
fischi ed una ragazza completamente nuda ha cercato di superare
le transenne, ma è stata bloccata dalla polizia.
Per il resto il Papa è stato accolto come un amico:
"Noi tedeschi le dobbiamo molto", ha detto il Cancelliere,
e poi ha parlato da leader del Paese-guida dell'Europa: "Mi
auguro che i cristiani, sia cattolici che evangelici sappiano
sfruttare le nuove opportunità offerte da un dialogo
con i cristiani ortodossi in Europa. Trattasi ora di gettare
un ponte ecumenico dai chiostri e dalle cappelle dell'Irlanda
fino alle chiese e cattedrali di Kiev e Mosca". Ma non
si ferma qui: "Per un futuro felice del nostro continente
appare altrettanto importante che le tre grandi religioni
monoteistiche della terra, il Giudaismo, il Cristianesimo
e l'Islam, si ricordino e riflettano sulle radici comuni".
Dalla Porta di Brandeburgo Giovanni Paolo II ha lanciato il
suo grido di allarme: "Libertà non significa avere
il diritto all'arbitrio! La libertà non è un
lasciapassare! Chi trasforma la libertà in un lasciapassare
le ha già inferto un colpo mortale". Il Pontefice
parlava come se si rivolgesse all'Europa dal suo centro politico,
non solo geografico: "La nuova casa Europa ha bisogno
di una Berlino libera e di una Germania libera".
[m. t.]
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LA STAMPA - Lunedi' 24 Giugno 1996 - Estero
Il secondo omissis di Wojtyla
Nello Stadio voluto dal Fuehrer il Pontefice ha beatificato
due sacerdoti morti nei lager
Ha saltato nell'omelia la difesa di Pio XII
BERLINO
DAL NOSTRO INVIATO
Il Papa ammette: furono troppo pochi i cattolici tedeschi
che si opposero al nazismo; "salta" una difesa di
Pio XII durante la messa allo Stadio Olimpico di Berlino;
e di nuovo si gonfia il "giallo" sul discorso di
Paderborn, e sulla frase - non pronunciata dal Pontefice -
alla messa di sabato. Il testo ricordava quattro "beati"
antinazisti, e recitava: "Costituiscono dunque una parte
della resistenza che la Chiesa tutta intiera ha opposto a
questo sistema dispregiatore di Dio e dell'umanità".
Giovanni Paolo II ha saltato queste righie, insieme ad un
altro breve brano di un discorso lungo otto cartelle. Perché?
La domanda è stata posta al Direttore della Sala Stampa
della Santa Sede, Joaquin Navarro che, dopo essersi consultato
con i suoi superiori in Segreteria di Stato, ha dato due spiegazioni;
in primo luogo il Pontefice ha voluto accorciare un testo
troppo lungo; e poi lo stesso concetto sarebbe stato ripetuto
ieri, a Berlino.
Ma in realtà non è stato così. Infatti
alla messa allo Stadio Olimpico, ha beatificato due sacerdoti
cattolici, Bernhard Lichtemberg e Karl Leisner, vittime del
nazismo. "Celebrano il loro trionfo - ha detto - proprio
nel luogo in cui 60 anni orsono, il regime nazionalsocialista
volle la celebrazione dei giochi olimpici al fine di far trionfare
la sua disumana ideologia; nel luogo in cui gli uomini furono
incitati all'odio e all'inimicizia, invece che alla pacifica
convivenza". I due martiri si sono sacrificati, ha detto
il Papa "in un tempo in cui molti avevano abbandonato
la retta via e per opportunismo o per paura si erano smarriti".
E nel pomeriggio, parlando agli ebrei, Giovanni Paolo II è
stato ancora più esplicito: "Anche se gli storici
hanno dimostrato che furono molti i preti e i laici cattolici
che si ribellarono al regime del terrore e che numerose forme
di resistenza nacquero nella vita quotidiana della gente,
nondimeno furono troppo pochi quelli che si opposero".
E' una dichiarazione su linee ben diverse da quella non pronunciata
sabato a Paderborn. E Forse casualmente ieri Giovanni Paolo
ha "saltato" una frase su un'altra figura storica
oggetto di controversia, quella di Papa Pacelli.
Avrebbe dovuto leggere, allo Stadio, e non l'ha fatto: "Chi
non si limita a polemiche di poco conto sa molto bene cosa
pensava Pio XII del regime nazista e quanto ha fatto per aiutare
le innumerevoli persone perseguitate da quel regime".
E' prassi ufficiale vaticana considerare come pronunciate
le parti di discorsi papali tagliate per ragioni di tempo;
e ieri in effetti Papa Wojtyla era parecchio in ritardo, e
ha mutilato largamente l'omelia. Ma a Paderborn non sembravano
esserci problemi di tempo.
Papa Wojtyla ha difeso Pio XII altre volte, anche qui in Germania;
l'omissione di ieri di conseguenza per quanto importante nella
patria de "Il Vicario" di Hochhuth, la "pièce"
teatrale che accusava Papa Pacelli, non è estremamente
significativa. Lo è invece, alla luce del "mea
culpa" di ieri, quella di sabato; e autorizza a pensare
che Giovanni Paolo II abbia volutamente tralasciato una frase
della cui solidità storica non era sicuro.
Qualcuno ha detto: "Chiesa intera" significa "Chiesa
universale". Ma il testo tedesco usa "gesammt",
"intero"; e non "allgemein", universale.
Quindi il riferimento è da considerare alla chiesa
del Paese, alla Germania. Ma chi ha scritto il testo? I discorsi
di un viaggio papale sono il frutto finale di un ripetuto
va e vieni fra il Paese interessato e Roma. A Roma, nella
Segreteria di Stato, la "Sezione" linguistica apposita
si occupa della stesura; e naturalmente anche la Congregazione
per la Dottrina della Fede dà un parere di merito per
quanto riguarda la sua competenza specifica. I discorsi di
questo viaggio sono stati oggetto di particolari problemi.
E bisogna considerare che circa un anno fa la Conferenza Episcopale
Tedesca rese pubblica una riflessione pastorale, a cinquant'anni
dalla fine della guerra, in cui pronunciava un "mea culpa"
profondo per il troppo silenzio della loro chiesa durante
quegli anni tragici. Non pare probabile, di conseguenza, che
l'assoluzione scritta nel discorso, e non pronunciata da Papa
Wojtyla, possa essere farina del loro sacco. "Il testo
che sarà pubblicato negli Acta Apostolicae Sedis -
ha detto ieri Navarro - è quello completo, consegnato
alla stampa. E' stato un problema esclusivamente di tempo"
Una spiegazione diversa probabilmente non verrà mai;
anche perché, ufficialmente, tutti i discorsi del Papa
sono frutto della sua penna. Ma tutti gli indizi portano a
Roma, e certamente non alla scrivania pontificia.
Marco Tosatti
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LA STAMPA - Lunedi' 24 Giugno 1996 - Estero
Silvestrini: Pio XII
si oppose a Hitler
L'EX MINISTRO
DEGLI ESTERI
VATICANO
IL cardinale Achille Silvestrini è stato per molti
anni il ministro degli Esteri vaticano, prima di essere nominato,
l'anno scorso, prefetto per la Congregazione delle Chiese
Orientali. E' l'uomo che conosce più di ogni altro
la vita della Segreteria di Stato.
Cardinale Silvestrini, come si spiega i tagli sul nazismo
nei due discorsi del Papa in Germania?
"Il Papa usa omettere brani dei suoi discorsi, quando
i testi sono lunghi. Accade anche a Roma, anche nelle udienze
generali. E' accaduto di recente durante le visite ad limina.
Il Papa pronuncia una parte del discorso e fa poi distribuire
il testo intero, che tutti possono leggere. E' un problema
un po' legato alla sua fatica fisica".
Ma, Eminenza, quei brani tagliati erano importanti, indicavano
una presa di posizione della Chiesa. Se pronunciati in terra
tedesca avrebbero avuto un peso diverso.
"Io sono qui a Roma, non sono in grado di dire che cosa
è stato fatto a Berlino. Quello che so è che
questo Papa si è espresso sempre, chiarissimamente,
per una condanna totale del nazismo, a favore degli ebrei
e in difesa dei grandi martiri del regime hitleriano. Pensiamo
soltanto alle vittime del nazismo che ha portato sugli altari.
Massimiliano Kolbe era stato canonizzato da Paolo VI. Questo
Papa ha beatificato Michael Koza, polacco, Marcel Callo, francese,
Titus Bradzma, gesuita olandese, Rupert Maier e Edith Stein,
tedeschi: tutti morti nei campi di concentramento. E ricordiamoci
di quello che ha sempre detto sugli ebrei. Non ci sono sicuramente
riserve da parte di Giovanni Paolo II".
Forse c'era qualche timore verso i cattolici tedeschi? I rapporti
con il nazismo non possono evocare qualche ricordo spinoso?
"Non credo. Gli storici, anche tedeschi, sono oggi convergenti
nel sostenere che la maggior parte della popolazione non era
filo-nazista. C'era molta passività, certo. Ma c'erano
anche i resistenti. Nel mondo cattolico i più forti
furono il cardinale Von Praisig, di Berlino, e il cardinale
Von Galen di Munster, che protestò contro gli esperimenti
fatti dai nazisti, nella loro ricerca eugenetica, sulle persone
tarate. Sono le figure di punta, personaggi straordinari;
come, in campo protestante, il pastore Dietrich Bonoffer,
morto nel lager di Flossenburg. Tanto Von Praisig quanto Von
Galen furono fatti cardinali da Pio XII nel 1946, con il primo
Concistoro dopo la guerra".
Sui rapporti fra Pio XII e il nazismo si è discusso
tanto; sui suoi silenzi, soprattutto...
"La discussione sul piano storico ha però fatto
molti progressi, in favore del Papa: antinazista sempre. Pio
XII ha dovuto rinunciare a una denuncia pubblica per evitare
conseguenze più gravi, dopo che la denuncia fatta dall'episcopato
olandese nel 1942 aveva provocato una più forte rappresaglia,
con deportazioni di massa: e fu in quella ondata che finì
Anna Frank.
"C'è un episodio, che pochi conoscono, dell'inverno
1940, prima dell'attacco tedesco al fronte occidentale. Un
gruppo di alti ufficiali tedeschi che intendeva detronizzare
Hitler chiese al Papa di farsi mediatore presso i governi
alleati per sapere quali garanzie avrebbero avuto da loro.
Pio XII convocò due volte l'ambasciatore britannico
presso la Santa Sede, Osborne, per comunicargli l'iniziativa.
Lo ha fatto direttamente, tenendo fuori la Segreteria di Stato.
Infatti negli archivi della Segreteria non ce n'è documento.
C'è nel diario di Osborne, e in un libro di Chatwick,
uscito dalla Oxford Press. Lui, così ligio alle regole
diplomatiche, ha compiuto un'azione contro tutte le procedure.
Mai un Capo di Stato si fa tramite di queste cose. Pio XII
lo ha fatto perché era convinto che la Germania si
potesse salvare. Era stato nunzio a Monaco e poi a Berlino,
dal 1917 al 1929, era stato favorevole alla Repubblica di
Weimar. Questo dice il suo stato d'animo".
Condivise l'enciclica di Pio XI, "Mit Brennender Sorge"
contro il nazismo, nel 1937?
"Pio XI pubblicò due encicliche quell'anno. La
prima, ''Divini Redemptoris'', contro il comunismo, molto
forte come dottrina. La seconda, contro il nazismo, più
forte come tono. Vi ebbe molta parte l'episcopato tedesco,
in particolare il cardinale Faulaber, di Monaco. Ma anche
Eugenio Pacelli, allora segretario di Stato".
Giorgio Calcagno
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LA STAMPA - Lunedi' 24 Giugno 1996 - Estero
I piccoli gialli
dei viaggi apostolici
E' GIA' SUCCESSO, AVVIENE spesso che il Papa, nei suoi viaggi
per il mondo, ometta frasi o periodi interi dei suoi discorsi.
E' capitato anche in questa sua visita in Germania. Perché
lo faccia, lui non lo ha mai spiegato. La spiegazione che
viene dai suoi portavoce spesso è oscillante: a volte
è il testo scritto che fa fede; altre volte valgono
le parole pronunciate dal Pontefice.
Un caso che fece notizia nell'aprile del 1980, fu una considerazione
cancellata oralmente da Wojtyla in un discorso in piazza Vittorio
a Torino. Il Papa omise la parola "terrorismo" dalle
"conseguenze" che il testo faceva derivare dal "marxismo
ateo". Lo annotò, allora, con grande soddisfazione
ed evidenza "l'Unità", giornale del partito
comunista. Vi nicchiarono sopra, senza tanta voglia di chiarire,
le autorità ecclesiastiche, desiderose di non inasprire
le polemiche.
Un altro caso curioso era avvenuto un anno prima. Era uscito
allora un libro dal titolo "Il Papa dal volto umano",
scritto da Luca Liguori e, indovinate un po', da Aldo Biscardi,
che avevano registrato una conversazione in aereo con Giovanni
Paolo II durante il primo viaggio papale in Messico. Wojtyla
parlava dei cattolici che militavano nel partito comunista
e affermava che, in fondo, "Cattolici lo erano ancora,
giacché non avevano voluto abbandonare la Chiesa".
Le parole del Pontefice, sempre abbastanza sobrio quando si
intrattiene coi giornalisti, si fermavano lì. Nel libro,
sembra per suggerimento Vaticano, le considerazioni papali
concludevano dicendo che, però, "la scelta politica
di quei cattolici non era coerente coi princìpi della
fede e della morale". Ne era nata la solita polemica
sulle parole effettivamente pronunciate dal Papa. Biscardi,
come si sa, dopo questa esperienza papale, trovò campo
più adatto alle proprie conversazioni, quello del calcio,
dove giustamente le opinioni in libertà imperano.
Ritornando ai discorsi del Papa, a volte Wojtyla mette da
parte il testo scritto e improvvisa alcune parole; a volte
inserisce considerazioni che gli vengono spontanee dal tema
che sta svolgendo. E' da ricordare l'impeto con il quale,
nel giugno 1991, in Polonia, si scagliò contro la legislazione
sull'aborto, interrompendo più di una volta il testo
scritto. Nel caso, invece, della omissione di una frase che,
nel contesto del discorso, dovrebbe assumere una particolare
importanza, sorgono le domande: è stata una svista
o una decisione del Pontefice? Ma il Papa non conosce prima
il testo dei suoi discorsi? E come nascono questi testi?
La redazione dei discorsi papali avviene, di solito, dopo
una consultazione con i vescovi locali, che si incontrano
a Roma con Wojtyla. E' in questi colloqui che si stabiliscono
i temi da trattare. Il Papa dà una traccia, poi una
équipe di monsignori curiali esperti nelle varie materie,
teologiche, giuridiche, bibliche, fa una prima stesura del
testo. Il Papa lo rivede e, infine, un'altra équipe
si incarica delle traduzioni nelle varie lingue. I discorsi
poi vengono distribuiti ai giornalisti, prima che il Papa
li pronunci. E' così che è possibile notare
le differenze fra il testo scritto e quello pronunciato. Che
cosa poi determini le omissioni di Wojtyla, come si è
detto, rimane un po' un mistero, sul quale ci si può
sempre sbizzarrire. E' da notare, infine, che nemmeno la pubblicazione
del testo su "L'Osservatore Romano", che è
organo ufficioso della Santa Sede, rende ufficiale un discorso.
L'ufficialità viene soltanto dalla definitiva apparizione
sugli Acta Apostolicae Fidis.
Domenico Del Rio
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LA STAMPA - Lunedi' 24 Giugno 1996 - Estero
Messori: la Chiesa non c'entra
TRA STORIA E FEDE
"Hitler fu creato dai protestanti"
CI sono verità che la storiografia "politicamente
corretta" fa finta di non ricordare: la prima è
che Hitler salì al potere dopo aver vinto le elezioni,
la seconda è che non le avrebbe vinte mai, se la Germania
non fosse stata protestante...". Vittorio Messori, di
fronte ai discussi silenzi del Papa, non smentisce il suo
ruolo di cattolico "forte": dei silenzi tedeschi
di Giovanni Paolo II non vuole parlare ("Prima devo leggere
il testo integrale sull' Osservatore Romano "), ma non
si tira indietro nel ricostruire un periodo storico che "sia
pure da giornalista" conosce bene: dei rapporti tra la
Chiesa e il nazismo, Messori ha scritto spesso su "Vivaio",
la rubrica che ha tenuto a lungo sull' Avvenire , il quotidiano
dei vescovi.
"Se la Germania fosse stata un Paese a maggioranza cattolica
- spiega - il nazismo non sarebbe neppure esistito. Sono fatti:
alle elezioni del '33, Hitler raccolse le briciole nei pochi
Laender cattolici. Chi parla di connivenze, dimentica che
l'odio del Furher per i cattolici era quasi pari a quello
che aveva per gli ebrei. Basta andare a rileggersi i Discorsi
a tavola : diceva che dopo la guerra, risolta la questione
ebraica, avrebbe regolato i conti con il Pontefice. No, guardi,
il vero appoggio religioso al nazismo lo diedero i luterani.
Fa parte della loro storia: per tenersi lontani dal Papa hanno
sempre fatto a gara nell'avvicinarsi ai prìncipi, ai
re, ai potenti di turno. Lo fecero anche con Hitler: fondarono
la chiesa Cristiano-tedesca, e dopo il fallito attentato di
Monaco, nel '44, fecero a gara nel ringraziare la Provvidenza.
Sia chiaro: ci sono stati protestanti che hanno combattuto
il nazismo, persone come Dietrich Bonhoffer o Karl Barth,
ma sul piano istituzionale furono i protestanti ad appoggiare
la dittatura, non i cattolici...".
Eppure Giovanni Paolo II, parlando ai cattolici di Germania,
per due volte ha sorvolato sulle parole che in maniera più
esplicita difendevano il ruolo della Chiesa e di Pio XII negli
anni difficili della guerra. "La questione dei rapporti
del Papato con le dittature è emersa negli Anni Sessanta,
quando vennero pubblicati i documenti che testimoniavano il
comportamento del Vaticano durante il secondo conflitto mondiale
- ricorda lo storico cattolico Pietro Scoppola -. E già
allora emerse il ruolo enorme che il Vaticano svolse nell'aiutare
le vittime, cattoliche o ebree. Questa è una certezza,
ma è altrettanto certo che in quegli anni mancò
una denuncia chiara e palese del nazismo e dell'Olocausto.
In Pio XII prevalse la convinzione che una condanna diretta
avrebbe peggiorato le condizioni degli ebrei e dei cattolici
che vivevano nei Paesi dell'Asse. Un errore? La storia non
può dire se siano meglio i silenzi o le grida, se siano
più opportune la profezia o la prudenza - continua
Scoppola -. La storia può soltanto osservare e registrare
la drammaticità di quei momenti. Quello che sembra
chiaro, negli atteggiamenti del Papa in Germania, è
la volontà di sottolineare la funzione profetica della
Chiesa. I tagli rispetto al testo già scritto risentono
probabilmente di una posizione che lui ritiene eccessivamente
prudente della Curia, preoccupata della continuità.
Sono un richiamo alla responsabilità...".
Secondo Messori, nelle "autocensure" del Pontefice
potrebbero avere avuto un ruolo i suoi ricordi personali.
"Auschwitz è in Polonia - dice l'autore di Varcare
la soglia della speranza , il libro intervista con il Papa
-, quasi tutto il clero polacco finì internato in quel
campo, insieme agli zingari e ai prigionieri scomodi. Il giovane
Wojtyla, in quegli anni, era costretto a studiare teologia
di nascosto, di notte, alla luce di una candela. Prima di
parlare di appoggio cattolico ai nazisti, bisognerebbe ricordarsi
di queste verità".
Guido Tiberga
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