La Chiesa e gli Ebrei
Indifferenza o Solidarietà?
PRIMA PARTE
PRIMA PARTE
1. Il problema
2. Le testimonianze fino alla morte di Pio XII
3. Le fonti negative verso la Chiesa Cattolica
3a. Le prime fonti degli anni cinquanta
3b. Lopera di Ernesto Rossi,Il manganello
e laspersorio
3c. Lopera di Hans Kung, Ebraismo
SECONDA
PARTE
1. Il problema.
Nel corso delle ricerche
condotte dagli studenti della VA del Liceo Scientifico di
Agnone, un dato estremamente problematico emerso è
stato quello del rapporto tra Chiesa Cattolica ed Ebrei durante
il periodo fascista e nazista : se da un lato si è
notato dalle fonti un grande impegno periferico della Chiesa
con azioni umanitarie, è parso riscontrare un imbarazzante
mancanza di coraggiosa testimonianza da parte dellistituzione,
se non di avversione. Questo piccolo contributo vuole fare
verità e chiarezza in questo settore, anche alla luce
della pubblicazione degli ultimi documenti da parte dellArchivio
Segreto Vaticano relativi al primo e secondo periodo della
II guerra mondiale.
2. Le testimonianze fino alla morte di Pio XII...
Fino alla morte di Pio
XII, negli ambienti mondiali, cristiani ed ebraici vi era
un grandissimo rispetto se non ammirazione per lazione
umanitaria svolta dalla Santa Sede nel corso della seconda
guerra mondiale .
Addirittura, presso i contemporanei, vi era un giudizio unanime
che Papa Pacelli avesse svolto il suo compito in questo difficile
periodo in maniera eminente .
Daltronde, le attestazioni giornalistiche giudaiche,
fin dal giorno dellelezione, avevano visto Pio XII come
il continuare di una politica per la pace e la libertà,
ed in modo particolare il The Palestine Post, in data 6 marzo
1939, ricordava come il neo papa aveva avuto «un ruolo
di primo piano nella recente opposizione Pontificia alle perniciose
teorie razziali e certi aspetti del totalitarismo
»
. Il Jewish Chronicle di Londra, parimenti, in data 10 marzo,
elogiava tale elezione e riportava le citazioni del discorso
antinazista che lo stesso cardinale aveva pronunciato a Lourdes
nellaprile 1935, con le dichiarazioni ostili apparse
sulla stampa nazionalsocialista dellepoca. Lo stesso
giornale ricordava come «il 22 gennaio del 1939 il Voelkisher
Beobachter (giornale nazista, ndr) pubblicò una foto
del cardinale Pacelli e di altri dignitari della Chiesa indicandoli
come gli agitatori in Vaticano contro il fascismo e il nazionalsocialismo»
. Anche il Canadian Jewish Chronicle lodava, in data 10 marzo
1939, il collegio dei cardinali per aver resistito alle pressioni
naziste che volevano impedire lelezione di Pacelli,
e le fonti attestano che il Vaticano ricevette messaggi di
congratulazione dalle comunità ebraiche del Commonwealt,
dellAmerica del Nord e della Polonia, ed anche la nomina
a Segretario di Stato di Luigi Maglione, secondo il Zionist
Review di Londra del 16 marzo 1939 «confermava che il
papa voleva condurre una politica antinazista ed antifascista»
.
Quando il 27 ottobre 1939
il Papa pubblicava lenciclica Summi Pontificatus, lagenzia
Jewish Telegraphic Agency di New York scrisse: «La denuncia
incondizionata che papa Pio XII ha fatto del totalitarismo,
del razzismo e delle teorie materialistiche di alcuni governi
ha provocato scalpore. Si sapeva che il Papa avrebbe
attaccato le ideologie ostili alla Chiesa cattolica, ma pochi
osservatori si sarebbero aspettati un documento così
schietto ed esplicito
» .
Le associazioni ebraiche, dalla documentazione resa nota ultimamente,
provavano molta fiducia nei confronti di Pio XII, tanto da
destinare fondi alla Santa Sede per lassistenza delle
vittime della persecuzione razziale. E il caso dell
United Jewish Appeal for Refugees and Overseas Neads, che
nel gennaio 1940 donò alla Santa Sede 125.000 dollari
per assistere tutte le vittime ebraiche e non causate dalla
persecuzione razzista dei nazifascisti.
Un altro dato di fatto è che quando nel 1939/40 le
leggi razziali entrarono in vigore in Italia, Pio XII assunse
di sua iniziativa diversi professori ebrei nellamministrazione
della Santa Sede, e su questo argomento il 29 marzo 1940,
il Kansas City Jewish Chronicle scrisse che «quanto
il papa stava facendo dimostrava la sua disapprovazione dei
decreti antisemiti» . Il 12 gennaio 1942, il California
Jewish Voice sottolineava come il radiomessaggio natalizio
del pontefice ripudiasse apertamente la persecuzione religiosa
e loppressione delle minoranze. Il 7 luglio del 1944,
il Jewish News di Detroit scrisse che «Risulta sempre
più chiaro che gli ebrei sono stati salvati dentro
alle mura del Vaticano durante loccupazione tedesca
di Roma».
Al termine della guerra, l11 ottobre del 1945 il World
Jewish Congress donò 20.000 dollari alla Santa Sede,
come riconoscimento per quanto questa aveva fatto per salvare
gli ebrei dalla persecuzione nazifascista, secondo il New
York Times del 12 ottobre 1945.
Alla morte del papa, avvenuta l8 ottobre 1958, il Zionist
Record, il Jevish Chronicle, il Canadian Jewish Chronicle,
il Jewish Post, lAmerican Hebrew con i rabbini di Londra,
Roma, Gerusalemme, Francia, Egitto, Argentina e la quasi totalità
delle nazioni ebraiche, ne piansero la scomparsa, e Golda
Meir lo definì «un grande servitore della pace»
.
Fino a questa data, tutte le fonti, anche quelle di parte,
erano concordi nellaffermare la positiva azione della
Chiesa verso gli Ebrei.
3. Le fonti negative verso la Chiesa Cattolica.
3a. Le prime fonti degli
anni cinquanta.
Il cambio di opinione nei
confronti della Chiesa Cattolica e della sua azione verso
gli ebrei inizia a manifestarsi dal 1954, quando fonti comuniste
iniziarono ad attaccare, con lopera di Scheinmann, lopera
di Pio XII, considerandolo un collaboratore ed un colluso,
ossequiente ed obbediente, al nazifascismo, che «colpevolmente
stette a guardare, senza far nulla, lo sterminio degli ebrei,
se non lo incoraggiò, con tutta la Chiesa Cattolica»
. La polemica, portata avanti in maniera grossolana e superficiale
nel libro, intendeva dimostrare che Pio XII aveva puramente
agito puramente secondo le convenienze politiche del momento,
a disprezzo della dottrina della Chiesa, in un orizzonte meschino
e ipocrita , senza alcun afflato religioso, bensì con
unico obiettivo di salvaguardare le proprie posizioni politiche,
a disprezzo della vita degli innocenti.
Altre critiche si aggiunsero da parte russa ortodossa, protestante
americana e massonica, che sottolinearono come il pontefice
si fosse occupato solo di politica, venendo meno al suo compito
ecclesiastico e di pastore, mentre da parte ebraica L. Poliakov,
ebreo russo, sosteneva che Pio XII si era occupato troppo
poco di politica, ed erratamente, in virtù delle sue
convinzioni antisemite, si era impegnato troppo poco per gli
ebrei di Roma, per non compromettere i suoi rapporti con la
Germania .
Nel 1963 il drammaturgo
tedesco Hochhut scrisse su Pio XII lopera Il Vicario,
in cui erano contenute numerose accuse contro il pontefice,
tra cui quelle di essere filonazista, antiebraico, opportunista
politico e per nulla evangelico. Lopera scatenò
un violento dibattito su Papa Pacelli, e sorsero parecchie
pubblicazioni pseudo storiche tendenti a dimostrare queste
tesi, spesso di carattere emotivo e problematiche, come anche
altre di segno opposto . Questo fatto, però, è
servito alla critica storica, in quanto la Santa Sede incaricò
tra la fine del 1964 e gli inizi del 1965 un gruppo di gesuiti,
storici di fama internazionale, come P. Blet, R.A. Graham,
A.Martini e B.Schneider di fare luce, pubblicando gli atti
e documenti vaticani sulla Seconda Guerra Mondiale, pubblicazione
conclusasi questanno con lultimo libro di Pierre
Blet su Pio XII, contenenti i documenti dellArchivio
Segreto Vaticano fino al 1945.
3b. Lopera di
Ernesto Rossi,Il manganello e laspersorio
Unaltra opera molto
problematica, apparsa su Pio XII e lantisemitismo della
Chiesa Cattolica, fu quella di Ernesto Rossi, Il Manganello
e lAspersorio, del 1957, ristampata, in occasione del
Giubileo, dalle edizioni Kaos, in cui lautore vuole
dimostrare le collusioni nazifasciste della Chiesa . Si tratta
di unopera molto dettagliata, in cui sono riportati
stralci interi di documenti. Il Rossi sottolinea come le tendenze
antisemite presenti nella Chiesa Cattolica, soprattutto in
ambiente gesuita, fornirono la giustificazione religiosa ai
fascisti per introdurre e difendere le leggi razziali . Infatti,
il saggio Della questione giudaica in Europa, apparso sulla
Civiltà Cattolica nel 1889 e ripubblicato a Prato nel
1891 con le stesso titolo, in un opuscolo di 90 pagine, un
capolavoro secondo lautore della letteratura
gesuitica antirisorgimentale del secolo, afferma con crudezza
che «la gran famiglia israelitica, disseminata tra le
genti del globo, forma una nazione straniera nelle nazioni
in cui dimora e nemica giurata del loro benessere
»
e che il Talmud, oltre ad essere la fonte di una morale esecranda,
prescrive «lodio a tutti gli uomini che non hanno
sangue giudaico, in specie a cristiani, e faccia lecito
il depredarli e malmenarli quasi bruti nocivi».
Lo scritto, quindi, sottolinea la pericolosità giudaica
che si crede razza superiore, che con lavvento del suo
Messia altro non attende che «il momento sospirato del
macello dei cristiani» , che il codice morale ebraico
autorizza ogni sorta di immondezza e come i delitti più
usuali di questa confessione siano le truffe, il falso, lusura,
la captazione, il fallimento doloso, il contrabbando, la falsificazione
del denaro, la concussione, la frode e linganno . La
ragione principale delle giuste persecuzioni inflitte
nei secoli al popolo ebraico è rintracciabile nella
cupidigia smisurata di questo popolo e nella sua volontà
di dominio, ed anche i cosiddetti diritti delluomo
non sarebbero che invenzione dei giudei per soggiogare e neutralizzare
gli altri popoli nei loro confronti, impossessandosi di tutti
i settori vitali delle nazioni non ebree .
Queste sorprendenti affermazioni, in uno scritto cattolico,
in verità sono abbastanza gravi, in quanto offrirono
un fondamento dottrinale al fascismo nella lotta antigiudaica,
e misero in serio imbarazzo le gerarchie cattoliche, anche
perché con chiarezza, forse perché gli anticlericali
dellepoca avevano eletto sindaco di Roma un ebreo, Natan,
nello scritto si dice che il fatto che il Papa avesse perso
Roma era imputabile alla peste ebraica e che lItalia
era divenuta un regno di ebrei anticristiani .
I rimedi suggeriti dallopuscolo erano labolizione
dei regimi democratici, fondati sui diritti delluomo,
confiscare tutti i beni dei giudei ed espellerli dai paesi
cristiani, anche se queste misure debbano essere messe in
atto secondo giustizia e carità, non penalizzando gli
ebrei onesti. Una via necessaria era individuata nel ripristino,
come nella Russia zarista, delle leggi che togliessero ai
giudaici luguaglianza civile e il confinarli in ghetti,
in quanto data la loro indole di stranieri, di
nemici di ogni paese, e costituenti una società
separata . Lo scritto, poi, considerava non giusta e
cristiana la loro soppressione ed uccisione, che anzi era
ripudiata.
Sorprendentemente, nella prassi fascista delle leggi razziali,
fu attuata tutta questa filosofia soggiacente a questo scritto
de La Civiltà Cattolica, così come nello spirito
dei pronunciamenti: non persecuzione degli ebrei
ma discriminazione. Come persone fedeli alla verità
storica occorre dire che i padri gesuiti, e le gerarchie ecclesiastiche
che appoggiarono questi scritti, sono necessariamente corresponsabili
di queste tendenze dellultimo ventennio fascista, ma
anche qui non bisogna fare generalizzazioni.
Successivamente, Ernesto Rossi, ripercorrendo le pagine della
rivista gesuita, dimostra come questa più volte sia
ritornata sul problema giudaico con gli stessi argomenti del
1889, come nel 1928 e nel 1934, quando uscirono due articoli
del padre E. Rosa, di pieno appoggio alle teorie esposte in
un Manuale nazista di propaganda antisemita, anche se giudicate
un po a tinte forti e in alcuni casi inesatte, soprattutto
nei confronti della Chiesa Cattolica e dei Papi .
Nel 1936 fu recensito,
sulla stessa rivista, con accenti positivi, un libro antisemita
del cattolico Léon De Poncins, in cui si sottolineava
il carattere comunista e capitalista
degli ebrei , mentre nel 1937, nellarticolo La
questione giudaica e il sionismo si sottolineava che
per conquistare il dominio del mondo, gli ebrei si servivano
delloro (che già possedevano) e dell internazionalismo
proletario, essendosi già infiltrati nella Società
delle Nazioni e nella Massoneria . Questa mentalità
nefasta dei giudei si doveva «soltanto tenerla
a freno con il ghetto, cioè con restrizioni giuridiche
e coercitive, senza persecuzioni, in modo adatto ai nostri
tempi» . Lobiettivo doveva essere quello, tramite
le persecuzioni moderate, della conversione al
cattolicesimo, come veniva spiegato nella rivista del 19 giugno
1937.
Nel 1938, sulla stessa
rivista, si plaudiva alle tesi di espulsione dai quadri dirigenti
della nazione degli ebrei, proposta dal fascista Giacomo Acerbo,
mentre sul quaderno del 27 marzo e successivi ci si allineava
alla propaganda fascista, se non la si ispirava. Il Rossi,
scorrendo diversi numeri della rivista, sottolinea sempre
più questa consonanza tra la persecuzione ebraica messa
in atto dai fascisti e gli articoli della rivista gesuitica,
spesso vogliosi di distinguere tra antisemitismo nazista
e giusto antisemitismo fascista .
Ma la Chiesa Gerarchica, come si mosse ? Il Rossi riconosce
che Papa Ratti, Pio XI, allapparire del manifesto degli
scienziati razzisti, il 15 luglio prese energicamente posizione
contro il nazionalismo esagerato, contrario alla fede cattolica,
e giudicava, in linguaggio diplomatico, il manifesto una vera
forma di apostasia . Così come sottolinea lintervento
papale del 21 luglio agli assistenti ecclesiastici dei giovani
di Azione Cattolica, in cui il Santo Padre affermò
che «cattolico vuol dire universale, non razzistico,
non nazionalistico, non separatistico» . Anche grazie
allazione portata avanti dal governo italiano, il Rossi
evidenzia come il tema fu posto in secondordine dal
Vaticano, per motivi politici, ma evidenzia come il fuoco
covasse sotto la cenere. La propaganda fascista, nellagosto
del 1938, fece uscire 3 articoli in cui sosteneva, prendendo
a pretesto il perfidi giudei della liturgia del
venerdì santo, un libro del vescovo Simone Maiolo e
il famoso articolo dei gesuiti del 1899, lantisemitismo
della chiesa cattolica, che il razzismo è un problema
politico che non interessa il Vaticano, che già negli
antichi comuni dItalia del Medioevo vi erano disposizioni
antiebraiche concordate con la gerarchia cattolica. Lautore
segreto era un gesuita de La Civiltà Cattolica. Nei
fatti sottolinea il Rossi vi era unimbarazzante
contrapposizione tra il Vaticano e i Gesuiti della Civiltà
Cattolica, sostenuti dai Fascisti, che creava non poca confusione
nel mondo cattolico.
Lautore sottolinea
poi i diplomatici atteggiamenti assunti da Papa Ratti, e i
suoi ritorni indietro, dettati essenzialmente da motivi politici,
per non acuire lo scontro con il regime, e i motivi utilitaristici
dellopposizione della Chiesa allantisemitismo
fascista, dettati dalla tutela esclusiva degli ebrei convertiti
al cattolicesimo .
Inoltre, la propaganda fascista strumentale - si meravigliava
dellopposizione del papa, perché sottolineava
come Farinacci nel discorso dinaugurazione dellanno
accademico 1938/1939 dellIstituto di cultura fascista
di Milano che era stata la Chiesa stessa ad inculcare
ai fascisti, come cattolici, lantisemitismo, mentre
adesso sembrava andare a braccetto con i comunisti,
i massoni e i democratici sostenendo gli ebrei . Lo
scontro si ridusse quindi sulla proibizione dei matrimoni
misti, visti da Papa Ratti come vulnus al Concordato,
con forme di protesta molto blande di tipo giuridico
e non morale. Scrive il Rossi: «non disse mai una parola
di solidarietà verso le migliaia di ebrei che, senza
alcuna loro colpa, venivano messi al bando della vita civile.
Anche per lui, come per Hitler e per Mussolini e per i gesuiti
della Civiltà Cattolica gli ebrei costituivano un gravissimo
pericolo per lumanità. I fascisti avevano soltanto
il torto di esagerare, ma le loro intenzioni erano buone.
Ed anche la loro intemperanza avrebbe potuto essere perdonata
se si fossero messi preventivamente daccordo per escludere
dalle persecuzioni gli ebrei che si convertivano al cattolicesimo,
in modo da far servire la politica razziale a risolvere i
problemi finanziari della Santa Sede» .
E più sotto : «se
dava un colpo al cerchio dava sempre un colpo alla botte;
se criticava il totalitarismo, il razzismo e il nazionalismo
esagerato, li criticava in astratto senza mai farne risalire
la responsabilità ai governi di Mussolini e di Hitler,
e senza mai levare la voce contro gli assassinii degli oppositori,
le persecuzioni degli ebrei, le violazioni dei trattati internazionali
ma era disposto a perdonare qualunque cosa, purché
continuassero la lotta contro la peste del comunismo materialista»
Tale giudizio pesantemente negativo, viene sostanzialmente
riproposto più tardi, quando, dopo aver analizzato
con dovizia di particolari, citazioni e scritti, interventi
personalità varie, lopera di Eugenio Pacelli,
Papa Pio XII, scrive : «Mai, durante la guerra, sera
udita una parola del Santo Padre contro il nazionalsocialismo;
mai una sua parola di condanna delle stragi dei polacchi e
degli ebrei, né dei campi di sterminio, né di
tutti gli altri raccapriccianti orrori, di cui più
di qualsiasi uomo politico Pio XII era a conoscenza,
per i dettagliati rapporti che riceveva dal clero dei paesi
belligeranti e dagli ambasciatori accreditati presso la Santa
Sede» .
Significativa è anche la Postfazione del libro di Rossi,
scritta da Mimmo Franzinelli. In essa, analizzando le reazioni
Vaticane sul pontificato di Pio XII, racconta lepisodio
dellimpedimento a Roma della rappresentazione teatrale
Il Vicario di Hochhut e come Ernesto Rossi e i
suoi compagni del Movimento Salvemini avessero
promosso due serate di discussione sullopera teatrale,
sottolineando come una lettera esplicita a Hitler di Pio XII
approvasse esplicitamente i crimini nazisti e
come la corresponsabilità allo sterminio degli ebrei
romani siano provati dal telegramma di Weizsacher e dal suo
rapporto al governo nazista .
Illuminante, per la critica storica ai documenti di Rossi,
è conoscere il suo pensiero sulla Chiesa e il Vaticano:
«In Italia il nostro nemico numero uno è il clericalismo.
Se non si combatte la politica del Vaticano non è possibile
neppure combattere sul serio né il fascismo, né
i privilegi monopolistici, né lanalfabetismo,
né la miseria» .
3c. Lopera di
Hans Kung, Ebraismo.
Un altro autore problematico,
il teologo tedesco Hans Kung, ha affrontato nel suo volume
Ebraismo la questione del rapporto tra Chiesa Cattolica ed
ebrei. Ripercorrendo la Storia della Chiesa Cattolica, Kung
evidenzia dapprincipio il legame tra le prescrizioni canoniche,
dal sinodo di Elvira del 306, fino al Concilio di Basilea
del 1434, con le leggi razziali nazifasciste, trovandovi una
singolare affinità : anche i cristiani avevano proibito
i matrimoni misti, i rapporti sessuali, di pranzare con gli
ebrei; avevano vietato loro le cariche pubbliche, di tenere
presso di sé servi, serve, schiavi e schiave cristiani,
come anche di farsi vedere per strada durante la settimana
santa; avevano ordinato il rogo del Talmud e di tutti gli
altri libri ebraici; proibito di consultare medici giudei
e abitare presso famiglie di questa razza; li avevano obbligati
a versare le decime alle chiese e a non lavorare la domenica;
avevano impedito loro di accusare o testimoniare contro i
cristiani; avevano vietato di diseredare i loro fratelli di
fede passati al cristianesimo; li avevano costretti a portare
un distintivo sui vestiti, impedito di costruire sinagoghe;
cera il divieto di partecipare alle feste ebraiche per
i cristiani; li avevano costretti ad abitare in quartieri
ebraici rigorosamente delimitati, non potevano acquistare
o affittare beni e terreni dai cristiani; avevano impedito
le conversioni allebraismo, e vice versa, il ritorno
di un ebreo convertito alla propria fede; proibito di fare
da mediatori in contratto tra i cristiani. Il tutto proprio
come i nazifascisti.
Kung sottolinea che proprio questa cultura cristiana negativa
e spesso ideologica, non raccordabile con il depositum
fidei è stata la causa della dottrina nazifascista
sul razzismo, sulle persecuzioni razziali, ed è questa
la prima cosa di cui la Chiesa deve fare memoria
e chiedere perdono delle proprie colpe. Questi fatti non possono
essere rimossi: «Come è noto, fin dallilluminismo
la chiesa cattolica austriaca aveva fomentato il tradizionale
antisemitismo della popolazione, anzi lo aveva usato perfino
come strumento politico, e precisamente sia contro la monarchia
sia contro la democrazia» . Con un'unica differenza
: lantisemitismo cattolico non mirava alla soppressione
degli ebrei, bensì alla delimitazione e alla conversione.
Quello fascista ed hitleriano era discriminatorio e fondato
tout cort su ragioni biologico-razziste .
Kung si pone delle domande : «Che cosa sarebbe successo
se lepiscopato tedesco invece di capitolare,
con grande scandalo di molti cattolici, di fronte al nazionalismo
-
avesse messo in guardia nei confronti del programma apertamente
antisemita dei nazisti e protestato pubblicamente di fronte
agli atti intimidatori e violenti commessi contro chi pensava
liberamente?
Che cosa sarebbe successo se il Vaticano
invece di accreditare, prima potenza straniera, Hitler
già il 20 luglio 1933 con un concordato avesse
messo in guardia la Germania e il mondo da un uomo le cui
disastrose intenzioni erano enunciate in maniera inequivocabile
in Mein Kampf e nel programma in 24 punti del suo partito
?»
Il teologo riconosce che
singoli gruppi di cattolici hanno fatto moltissimo, ma giudica
preoccupante il silenzio della Conferenza Episcopale tedesca
in quegli anni, e riporta una lettera di Konrad Adenauer al
pastore di Bonn, Bernhard Custodis, del 23 febbraio 1946:
«A mio avviso il popolo tedesco porta, come pure i vescovi
e il clero, una grande responsabilità per i fatti accaduti
nei campi di sterminio
La colpa è stata commessa
prima. Il popolo tedesco, e in buona misura anche i vescovi
e il clero, ha aderito al nazionalsocialismo. Ci si è
lasciati uniformare
quasi senza resistenza, in parte
anzi con entusiasmo. Qui sta la colpa
Io credo che se
i vescovi tutti insieme ed in un determinato giorno avessero
preso posizione dal pulpito contro ciò, avrebbero potuto
impedire molte cose. Così non è avvenuto e per
questo non ci sono scuse. Se per tale motivo i vescovi fossero
finiti in prigione o in un campo di sterminio, non sarebbe
stato un male, al contrario. Tutto questo non è accaduto
e perciò è meglio tacere».
Parlando di Pio XII, il teologo tedesco afferma che la sua
figura è discutibile per la «diplomaticissima
politica ebraica », in quanto il pontefice è
stato estremamente riluttante nei confronti di una condanna
pubblica dellantisemitismo e del nazionalismo. Perché?
«Perché Eugenio Pacelli, per mentalità
e carriera, era un germanofilo dichiarato, che si circondava
esclusivamente di collaboratori tedeschi (il papa dei tedeschi),
pensava soprattutto secondo criteri giuridico-diplomatici
e non teologico-evangelici, operava secondo una mentalità
curiale e attaccata allistituzione piuttosto che da
pastore attento agli uomini; ossessionato dopo la sconvolgente
esperienza vissuta a Monaco nel 1918
dalla paura del
contatto fisico e dal terrore del comunismo, era di orientamento
profondamente autoritario ed antidemocratico
era addirittura
predisposto a una pragmatica alleanza anticomunista con il
nazismo totalitario
Per il diplomatico di professione
Pacelli era importante la libertà della Chiesa,
intesa come il riconoscimento più ampio possibile,
da parte dello stato, dellistituzione ecclesiastica
e del nuovo codice di diritto canonico (quello del 1917, ndr)
Diritti delluomo e democrazia sono realtà rimaste
fondamentalmente estranee a questo papa».
Cioè, secondo Kung,
era in tutto e per tutto un uomo di chiesa. Nel
periodo storico delle persecuzioni ebraiche, egli ebbe primariamente
a cuore gli interessi dellistituzione ecclesiastica
e del Vaticano, per cui venne a trovarsi «in un conflitto
di coscienza di fronte al nazionalsocialismo e allebraismo»
.
Lo studioso mette sotto accusa la politica di Segretario di
Stato di Pacelli, e in modo particolare il Concordato del
Reich del 20 luglio 1933, perché, a suo giudizio, legittimarono
il regime nazista e lo riconobbe sotto il profilo della politica
estera, integrando in questo sistema i cattolici, soprattutto
con la clausola di spoliticizzazione prevista dallart.32,
che vietava agli ecclesiastici qualunque attività politica,
e la neutralizzazione delle associazioni cattoliche con larticolo
31. Cosa che, di fatto, ha condannato la Chiesa alla neutralità
politica . Kung, con un po di azzardo, si spinge a dichiarare
che la colpa del Papa per tutto questo fu dovuta alla sua
concezione autoritaria della chiesa e dello stato, e sulla
concezione della chiesa come istituzione .
Ma verso gli ebrei? Il professore di Tubinga dice che è
errato sostenere che Pio XII non ha fatto niente per gli ebrei,
è stato un razzista o un antisemita o ha taciuto per
viltà o per difendere interessi finanziari del Vaticano,
ma è vero che Pacelli si è impegnato con passi
diplomatici ed aiuti umanitari, specialmente verso la fine
della guerra, per la salvezza di singoli ebrei o gruppi
di ebrei, «soprattutto in Italia e a Roma, e per
due volte nel suo discorso di natale del 1942 come
nel concistoro segreto del 2 giugno 1943 ha deplorato
brevemente, in maniera generica e astratta, il destino di
persone sventurate, perseguitate a motivo della razza
»
. Ma questo è molto poco, per lo studioso, perché
il Papa avrebbe omesso di fare molte cose.
In primo luogo, il papa
usò sempre, nelle sue prese di posizione, espressioni
generiche e non ha mai pronunciato apertamente la parola ebrei,
mentre la Civiltà Cattolica, che era sotto la sua diretta
sorveglianza, continuava a pubblicare articoli antiebraici.
Non condannò con una sola parola laggressione
tedesca alla Polonia, con nessuna nota di protesta, professando
la sua neutralità ed esprimendo compassione
per le sofferenze del popolo polacco, senza aiutare effettivamente
questa nazione, i cui rappresentanti avevano richiesto un
gesto di solidarietà. Sopravvalutava linflusso
della diplomazia e dei concordati e aveva troppo a cuore la
lotta contro il comunismo sovietico per la salvezza della
Chiesa. Non ha pubblicato lenciclica contro il razzismo
e lantisemitismo, elaborata nel 1938, sotto Pio XI (che
nel 1937 aveva emanato contro il nazionalsocialismo lenciclica
Mit brenneder Sorge), e non appoggiò neppure i vescovi
olandesi, che si erano impegnati pubblicamente nei confronti
degli ebrei, lasciando così mano libera ai nazisti.
Nei discorsi ufficiali, Papa Pacelli evitò sempre qualunque
protesta pubblica contro lantisemitismo, né rescisse
il concordato continuamente violato dai nazisti, o quello
con i fascisti. A ciò vanno aggiunte la mancanza di
ogni protesta contro le violenze naziste del 1933, contro
le leggi razziali di Norimberga del 1935, contro la persecuzione
degli ebrei già nel 1937 nella Mit brenneder Sorge,
contro il pogrom della notte dei cristalli del
9/10 novembre 1938, contro le occupazioni nazifasciste di
nazioni libere .
Conclude il teologo : «Il
mondo attese invano Pio XII, i cui appelli alla pace restavano
senza eco, non faceva che ribadire la propria neutralità,
manifestava ad alcune vittime la propria solidarietà,ma
per il resto preferiva tacere, anche durante la guerra
tacque anche di fronte allannientamento degli ebrei,
il più grande massacro di tutti i tempi, sul quale
egli fin dal 1942
era certamente informato meglio di
ogni altro uomo di stato occidentale. E Pacelli
non si
risolverà a cambiare idea quando, nel corso della guerra,
gli verrà richiesta una presa di posizione
da
organizzazioni ebraiche, dallo stesso presidente Roosevelt
e infine anche dal rabbino capo della Palestina, Herzog. E
questo rimase il suo immutato atteggiamento durante e dopo
la breve occupazione di Roma da parte delle truppe tedesche
(dallottobre 1943 al giugno 1944) benché
proprio allora la soluzione finale raggiunse il suo culmine
con la deportazione degli Ebrei ungheresi ad Auschwitz. Certo
Pio XII, che personalmente non era un vile, aveva una paura
non infondata delle ritorsioni naziste, anzitutto di quelle
contro la Chiesa Cattolica e dopo loccupazione
di Roma
- anche contro il Vaticano
In occasione
della deportazione degli ebrei romani nellottobre 1943,
lallora ambasciatore tedesco in Vaticano, Ernst von
Weizsacker, riferiva a Berlino che il papa, benché
tempestivamente informato, a quanto si dice, da diverse parti,non
si sarebbe lasciato trascinare in nessuna manifestazione
dimostrativa contro la deportazione degli ebrei da Roma,
anche se il il fatto si è svolto, per così
dire, sotto le finestre del papa. Anzi, anche
in questa spinosa questione il papa avrebbe fatto
di tutto per non rendere difficile il rapporto con il governo
tedesco e le autorità tedesche che si trovavano a Roma.
Certamente, sullOsservatore
Romano del 25/26 ottobre sarebbe stato pubblicato un comunicato
ufficiale sullattività caritativa del papa, ma
in modo alquanto contorto e oscuro: il papa estenderebbe
la sua cura paterna a tutti gli uomini senza distinzione di
nazionalità, di religione e di razza. E lambasciatore
aggiunge : Contro questa pubblicazione non è
il caso di avanzare obiezioni in quanto il suo testo
soltanto da pochissimi verrà inteso come specifico
accenno alla questione ebraica
Papa Pacelli ha
rinunciato non soltanto a scomunicare, ma anche a condannare
pubblicamente eminenti cattolici ed assassini
come Hitler, Himmler, Goebbels e Bornmann
, per non dire
nulla del prelato cattolico antisemita e capo della Slovacchia
occupata Tiso, del parimenti antisemita capo ustascia Ante
Pavelic come pure del maresciallo francese Petain» .
Tra le altre accuse mosse, il teologo rimprovera a Pio XII
il mancato riconoscimento dello Stato di Israele e la sua
posizione contro la formazione di uno stato ebraico in Palestina,
la rimozione dei propri errori dopo la guerra.
Totalmente diverso è
il giudizio che Kung ha di Giovanni XXIII, di cui ne apprezza
già lopera come delegato apostolico in Turchia
durante la seconda guerra mondiale, dove salvò migliaia
di ebrei, in particolare bambini, con certificati battesimo
in bianco, della Romania e della Bulgaria, ed eliminò
dalle preghiere del Venerdì Santo quella «Contro
i perfidi Giudei», sostituendola con una preghiera più
amichevole, capace di gesti coraggiosi, come il ricevimento
di ebrei in Vaticano, e il fermarsi a benedire gli ebrei uscenti
dalla sinagoga di Roma .
Pesantissimo è il giudizio complessivo sullepiscopato
tedesco, che se in linea di principio respingeva il nazionalsocialismo
per il suo programma razziale, lo apprezzava per lantiliberismo
e lantibolscevismo, e lantiebraismo ecclesiastico
spingeva ad un atteggiamento ambivalente nei confronti dellantisemitismo.
Infatti, il capo del cattolicesimo politico, mons. Ludwig
Kaas, amico di Pacelli, spianò di fatto la strada a
Hitler, facendo votare il suo Partito del Centro a favore
della Legge per i pieni poteri , cosa che è
stata definita lerrore cardinale del cattolicesimo
tedesco da parte di tutti gli storici contemporanei.
La capitolazione definitiva
della Chiesa di Germania avvenne in occasione del Concordato
del Reich, mentre fino a quel momento essa sia a livello ecclesiastico,
che politico, aveva respinto il nazionalsocialismo con una
fermezza e una compattezza ammirevoli . Le pressioni di Hitler,
la politica di Kaas, e i desideri e le illusioni di Roma portarono
a questa situazione, per cui lepiscopato dovette ritirarsi
in una posizione di forzata neutralità, anche perché
preoccupato dellautonomia della Chiesa, e come il papa
non proferì una sola parola pubblica in favore degli
ebrei, come dei non pochi sacerdoti e laici arrestati. Ma
il fatto più grave, secondo Kung, è che lepiscopato
tedesco fino ad oggi si è astenuto dal fare una chiara
confessione delle proprie colpe.
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