Il rabbino dimenticato
Una figura dimenticata nella storia
contemporanea dei rapporti tra l’ebraismo e la Chiesa cattolica
è il rabbino Israele Zolli. "Un caro uomo, di animo
e spirito cristiano", dice di lui il padre Vittorio
Marcozzi, professore di Antropologia alla Gregoriana. "Fin
da piccolo ha nutrito sentimenti di carità, di amore. Ma
il passo di abbracciare la fede cristiano lo ha fatto solo
a guerra finita, in modo che non sembrasse un tradimento,
per non mettersi al sicuro mentre gli altri erano in pericolo".
Sofia Cavalletti, allieva e collaboratrice di Zolli alla
Sapienza: "Incontrarlo è stata la grande benedizione
della mia vita. Era un uomo buono e di rara grandezza intellettuale".
Alla figura di Zolli dedichiamo la parte conclusiva dello
speciale.
Il rabbino amico del Papa
"Israele Zolli, rabbino capo della
comunità ebraica romana fu uno dei protagonisti di quegli
anni terribili e tragici. Uomo con qualità eccelse, avvertì
per primo il pericolo nazista, si batté perché tutti gli
ebrei si nascondessero in tempo e sarebbe ricordato come
un eroe se non avesse scelto la conversione al cattolicesimo.
Si battezzò il 13 febbraio 1945 prendendo il nome di Eugenio
per riconoscenza a quanto papa Pacelli aveva fatto per salvare
i suoi correligionari. Un atto che ha ferito profondamente
la Comunità ebraica mondiale. Ancora oggi a distanza di
42 anni dalla morte di Zolli è difficile parlare di quella
vicenda senza rischiare di ferire l'orgoglio ebraico.
Peccato perché non si può ricomporre
il quadro completo della realtà storica di quegli anni e
soprattutto non si può conoscere a fondo il dibattito che
si sviluppò all'interno della comunità ebraica senza ricordare
la figura di Zolli.
Israele Zoller, questo il suo nome
di nascita era di origine polacca. La mamma, di famiglia
rabbinica da più di quattro secoli, desiderava vivamente
che uno dei suoi cinque figli divenisse rabbino; e il suo
desiderio fu soddisfatto… Il giovane Israele frequentò prima
l'Università di Vienna, poi quella di Firenze, dove si laureò
in filosofia, studiando contemporaneamente nel Collegio
rabbinico. Nel 1920 divenne Rabbino Capo di Trieste. Nel
1933 ottenne la cittadinanza italiana e a causa delle leggi
fasciste dovette cambiare il cognome da Zoller in Zolli.
Ottenne anche la cattedra di lingua e letteratura ebraica
nell'università di Padova, ma con l'applicazione delle leggi
razziali dovette abbandonare I'insegnamento. Nel 1940 fu
nominato Gran Rabbino a Roma, ove svolse una missione di
pace nella comunità ebraica, divisa fra coloro che si dichiaravano
antifascisti e coloro che invece speravano di evitare guai
peggiori offrendo una certa collaborazione. Zolli non si
fidava dei fascisti e per questo aveva proposto ai leader
della comunità di bruciare i registri e far fuggire la gente.
Non fu creduto, anche perché l'allora capo della Polizia
Carmine Senise forniva notizie rassicuranti.
Dopo l'8 settembre 1943, la situazione
per gli ebrei andò rapidamente peggiorando. Il 27 settembre
il tenente colonnello Kappler, capo della polizia tedesca
a Roma, intimò ai responsabili della comunità ebraica di
consegnare entro 24 ore 50 chilogrammi di oro, con la minaccia,
in caso contrario, della deportazione di tutti gli uomini
ebrei residenti a Roma. La sera di quel giorno gli ebrei
avevano potuto raccogliere 35 chili di oro; ne mancavano
15. Zolli si recò in Vaticano per chiedere aiuto al Papa.
Pio XII lo tranquillizzò, la Santa Sede avrebbe fornito
l'oro che mancava. Il 29 settembre il comm. Nogara, Delegato
all'Amministrazione speciale della Santa Sede, scriveva
al card. Maglione, Segretario di Stato: "II Dr. Zolli
ieri alle 14 è venuto a dirmi che avevano trovato i 15 chili
presso delle comunità cattoliche e che quindi non avevano
bisogno del nostro concorso. Però pregava che non gli si
chiudesse la porta nell'avvenire".
Ma l'oro non placò la ferocia dei nazisti.
…il 16 ottobre iniziarono le deportazioni forzate. Zolli
fu accolto da due giovani sposi cristiani di condizione
operaia, che, avendo perduto i loro genitori, lo assistettero
come loro padre fino alla liberazione di Roma. La moglie
Emma Majonica e la figlia Miryam furono nascoste in un luogo
sicuro.
Dopo l'arrivo degli alleati, Zolli
riprese il suo posto di Gran Rabbino, e nel luglio 1944
celebrò nella sinagoga una solenne cerimonia, che fu anche
radiotrasmessa, per esprimere pubblicamente riconoscenza
degli ebrei al Sommo Pontefice, nonché al Presidente degli
Stati Uniti, per l'aiuto prestato alla comunità ebraica
durante la persecuzione nazista. Il 25 luglio chiese ed
ottenne di essere ricevuto in udienza da Pio XII, per ringraziarlo
ufficialmente per quanto egli… aveva fatto in favore degli
ebrei, aprendo loro conventi e monasteri, dispensando anche
dalla legge canonica della clausura papale, affinché gli
ebrei potessero essere accolti nei monasteri femminili…
Dopo aver condiviso con i suoi correligionari
le sofferenze della persecuzione alla fine di luglio 1944
Zolli scrisse al Presidente della comunità ebraica presentando
le sue dimissioni da Gran Rabbino. La domanda giunse del
tutto inaspettata e causò grande meraviglia. Il Presidente
della comunità prese atto con vivo dispiacere delle dimissioni,
ma pregò Zolli di accettare l'incarico di Direttore del
Collegio rabbinico perché "non dubitava di asserire
che nella comunità ebraica non vi era una persona più competente
e preparata per quel delicato ufficio, ed insieme da tutti
stimata e apprezzata per la sua onestà e dottrina".
La lettera del Presidente della Comunità si concludeva dicendo
che, se il motivo del rifiuto fosse stato di natura economica,
era disposto a venirgli incontro nel miglior modo, purché
accettasse I'invito. In maniera cortese e decisa Zolli rifiutò
ogni incarico.
Il 15 agosto del 1944 Zolli manifestò
al Rettore della Pontificia Università Gregoriana il gesuita
Paolo Dezza la sua intenzione di divenire cristiano. Ricorda
il cardinale Dezza ora noventaseienne che Zolli si presentò
con tanta umiltà e sincerità dicendo "Padre, la mia
domanda del battesimo non è un do ut des. Domando l'acqua
del battesimo e nient'altro. Sono povero, i nazisti mi hanno
portato via tutto; non importa, vivrò povero, morirò povero,
ho fiducia nella Provvidenza".
Il 13 febbraio 1945 nella cappella
attigua alla sacrestia di S. Maria degli Angeli, alla presenza
di una quindicina di persone Zolli fu battezzato da S. E.
mons. Traglia, vicegerente della diocesi di Roma. Israele
Zolli prese il nome di Eugenio, per riconoscenza a Pio XII,
che tanto si era prodigato in favore degli ebrei e la moglie
aggiunse al suo nome Emma quello di Maria.
La conversione suscitò un enorme scandalo.
Il cardinale Dezza ha raccontato che "il nome di Zolli
fu addirittura cancellato dall'elenco dei Rabbini di Roma,
il settimanale ebraico uscì listato a lutto, la famiglia
fu oggetto di telefonate piene di insulti". Ospitato
in Gregoriana Zolli ricevette numerose visite di amici e
nemici. Vennero alcuni ebrei americani per convincerlo ad
un suo ritorno all'ebraismo, offrendo qualsiasi somma lui
desiderasse, ma Zolli restò fermo nel suo proposito.
Intorno alla metà di febbraio Zolli
fu ricevuto in udienza privata da Pio XII. Il colloquio
si svolse in tedesco. In quell'occasione l'ex rabbino chiese
al papa se non fosse possibile togliere, nella liturgia
del Venerdì Santo l'aggettivo "perfidi" attribuito
ai giude. Il Papa rispose con una dichiarazione in cui spiegava
che l'aggettivo "perfidi" voleva dire "increduli"
senza quelle connotazioni peggiorative che il termine ha
nel linguaggio comune. I tempi non erano ancora maturi per
quelle modificazioni liturgiche che vennero realizzate solo
dopo il Concilio Vaticano II.
Uomo di studio Zolli riprese il suo
lavoro di insegnante. Professore di lingua e letteratura
ebraica all'istituto Biblico della Gregoriana, tenne corsi
e conferenze non solo a Roma. Nel 1953 si recò negli Stati
Uniti invitato dall'Università Notre Dame dell'Indiana per
un ciclo di conferenze.
Di fronte a coloro che lo accusavano
di tradimento, Zolli rispose: Non ho rinnegato nulla; ho
la coscienza tranquilla. Il Dio di Gesù Cristo, di Paolo,
non è forse lo stesso Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe? Paolo
è un convertito. Ha abbandonato forse il Dio di Israele?
Ha forse cessato di amare Israele? È assurdo solo pensarlo.
Prima che le forze lo abbandonassero
all'età di 75 anni Zolli scrisse numerosi articoli e anche
un libro, Before the Dawn (Prima dell'Aurora).
Antonio Gaspari
(da "Nascosti in Convento",
edizioni Ancora 1999)