Esposizione del crocifisso nelle aule giudiziarie - n. 3-00603

Stenografico Aula in corso di seduta

Seduta n. 105 del 7/2/2007


PRESIDENTE. L'onorevole Turco ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00603 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), per un minuto.

 

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, signor ministro, è tuttora applicata la circolare del 1926, emanata durante il periodo fascista dal ministro Rocco, che obbliga ad esporre i crocifissi nelle aule giudiziarie.
Come lei sa, sia la Cassazione, sia il Consiglio superiore della magistratura affermano che questa circolare è illegittima. Le chiedo, pertanto, per quali ragioni l'amministrazione non la revochi.
Le domando, inoltre, per quale motivo il suo Ministero non abbia accolto la richiesta avanzata dal giudice di Camerino, Luigi Tosti, di esporre anche la menorah ebraica, imponendogli il crocifisso e discriminandolo di fatto, quindi, sotto il profilo religioso.

 

PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

 

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, in premessa devo dire all'onorevole Turco che, effettivamente, l'unica fonte normativa che prevede l'esposizione del crocifisso nelle aule giudiziarie - nelle aule d'udienza sopra il banco dei giudici, secondo la nostra antica tradizione - è la circolare del ministro di grazia e giustizia del 29 maggio 1926. Si tratta, come rilevato dalla Corte di cassazione con ordinanza 18 novembre 2005, di una norma interna emanata dall'autorità competente e diretta agli uffici giudiziari per disciplinare l'insieme dei servizi relativi alla giustizia.
Mi pare opportuno richiamare, inoltre, la nota del 5 ottobre 1984, con la quale il ministro dell'interno ha affermato che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano e che il crocifisso è il simbolo di questa nostra civiltà, nonché il segno della nostra cultura umanistica e della nostra coscienza etica.
Nella sentenza della Cassazione n. 439 del 2000, tuttavia, si sostiene che la rimozione del crocifisso nei luoghi adibiti a seggio elettorale appare coerente con i principi costituzionali in tema di laicità.
Sulla stessa linea si è posta, come ella ricorda, l'ordinanza del 2006 della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, la quale peraltro, nel disporre la sospensione provvisoria dalle funzioni e dallo stipendio del dottor Luigi Tosti, ritenne ingiustificato il suo rifiuto di tenere udienza per un lungo periodo di tempo.
Voglio sottolineare, peraltro, che nella stessa ordinanza fu dichiarata manifestamente infondata la richiesta del dottor Tosti diretta ad ottenere l'esposizione, nelle aule giudiziarie, della menorah, simbolo della religione ebraica.
Ciò premesso, ritengo che l'attuale quadro giurisprudenziale consenta, comunque, di considerare tuttora legittima - e sottolineo: tuttora legittima - l'esposizione del crocifisso nelle aule giudiziarie. Il concetto di laicità, così come definito dalla sentenza della Cassazione, non è infatti, a mio avviso, definitivamente convincente, posto che laicità non significa rinnegare od abbandonare le proprie radici storico-religiose; invero, quella sentenza sollevò, tra autorevoli commentatori, un ampio dibattito sulla nozione di laicità.
Più di recente, infatti, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 556 del 13 gennaio 2006, si è discostato dalla nozione di laicità fornita dalla Suprema corte, ritenendo invece il crocifisso un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili che sono, poi, i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato.
A parere del Consiglio di Stato, il crocifisso non deve essere rimosso dalle aule scolastiche non perché sia un oggetto di culto, ma per la ragione che è un simbolo idoneo ad esprimere valori quali la tolleranza, il rispetto reciproco, la valorizzazione della persona, la solidarietà umana ed il rifiuto di ogni discriminazione.
Il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto, con una decisione che mi sembra francamente convincente e di cui condivido le motivazioni, che laicità dello Stato non sia in alcun modo intaccata dall'esposizione del crocifisso.
Per queste ragioni, in definitiva, ritengo che il crocifisso possa continuare ad essere esposto nelle nostre aule giudiziarie quale alto simbolo della nostra tradizione e dei nostri valori civili e culturali, nonché espressione di rispetto per l'altro, di amore per la persona e di profonda solidarietà umana.

 

PRESIDENTE. L'onorevole Turco ha facoltà di replicare per due minuti.

 

MAURIZIO TURCO. Grazie, signor Presidente.
Signor ministro, sono stato educato a ritenere che il sacro ha un luogo ed il profano un altro: i simboli sacri dovrebbero stare, di solito, nei luoghi sacri. Con una battuta, in considerazione dello stato attuale della giustizia, direi che le nostre aule giudiziarie sono, anche dal punto di vista della sacralità delle istituzioni democratiche, un luogo profano...
Ciò premesso, come afferma il CSM, è pacifico che la circolare del ministro della giustizia del 1926 è un atto amministrativo generale privo di fondamento normativo e, quindi, contrastante con il principio di legalità dell'azione amministrativa: signor ministro, non lo dico io, ma il Consiglio superiore della magistratura, che si basa proprio sulla nota del Ministero dell'interno del 5 ottobre 1984 (citata anche in una sentenza della Corte di cassazione del 2000).
Per quanto riguarda il principio di laicità, è stato affermato più volte dalla Corte costituzionale che, a seguito degli accordi con la Santa Sede del 1985, il principio di laicità fa parte del nostro ordinamento. Inoltre, alcune sentenze affermano che, nella materia religiosa, da un lato, lo Stato deve essere equidistante, imparziale e neutrale e, dall'altro, che l'ordine delle questioni religiose e quello delle questioni civili debbono rimanere separati.
Non vorrei, signor ministro, che tutto si riducesse ad una questione di maggioranza sotto il profilo delle convinzioni religiose: se dovessero cambiare le convinzioni religiose della maggioranza dei cittadini di questo paese, dovremmo cambiare simboli? Per noi, signor ministro, l'unico simbolo delle istituzioni è quello che è stampato sul foglio che le sto mostrando (Espone un foglio sul quale è riprodotto l'emblema della Repubblica italiana): la rappresentazione simbolica della Repubblica italiana e dello Stato democratico, che ha una sua «religiosità», consacrata nei lavori dell'Assemblea costituente...

 

PRESIDENTE. La invito a concludere.

 

MAURIZIO TURCO. ...non può essere soppresso o soppiantato da altri simboli.