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Marco Aurelio Imperatore, statua equestre
in bronzo.
(piazza Campidoglio, Roma)
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Il successore di Antonino Pio, Marco
Aurelio Antonino, imperatore dal 161 al 180, scrisse
intorno al 170, in lingua greca, un’opera in 12
libri, intitolata A se stesso, nella quale
raccolse massime, pensieri, ricordi e meditazioni
di contenuto filosofico.
In essa trova spazio un accenno al
martirio dei Cristiani:
“Oh, come è bella l’anima che
si tiene pronta, quando ormai deve sciogliersi
dal corpo, o estinguersi, o dissolversi o sopravvivere!
Ma tale disposizione derivi dal personale giudizio,
e non da una mera opposizione, come per i Cristiani;
sia invece ponderata e dignitosa, in modo che
anche altri possano esserne persuasi, senza
teatralità” (Ad sem. XI, 3).
Come già Plinio il Giovane, così
anche Marco Aurelio pare essere infastidito dalla
ostinazione dei cristiani, che vanno incontro
al martirio pur di non rinnegare la propria fede.
Per l’imperatore, questo tipo di morte non è frutto
di un giudizio interno, sano e ponderato, ma è
un segno di fanatismo, frutto di una “ una mera
opposizione”. Ed è proprio sotto l’impero di questo
sovrano saggio e filosofo, che prende forma la
grande persecuzione che porterà alla morte, tra
gli altri, di Giustino, Policarpo di Smirne, Carpo,
Papilo, Agatonice, e dei cosiddetti Martiri di
Lione.
NOTE
AL TESTO
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