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Intervento divino

Escludete ogni tentazione di andare a vedere "Intervento divino". Questo film non ha nulla! a parte che il titolo è totalmente avulso da quel che vi immaginereste di andare a vedere. In 1 sola parola? è una paranoia, l'estraniazione di sé a stessi e agli altri: che sia ambientato a Gerusalemme non vuol dire niente. E' un film ancor più scassato di quello di Soldini "Brucio nel vento" (che mi auguro non siate andati a vedere). Se questo di Soldini poteva avere velleità interpretative di ordine psicanalitico (con impulsi incestuosi) qui non c'è neppure quello. Neanche nella fotografia c'è da salvare qualcosa. E' lo svuotamento del desiderio: porca miseria non c'è neppure la bestemmia, che come si sa potrebbe essere anche una domanda di aiuto e non solo di ribellione a Dio. Qui non ci sono uomini sembrano esserci solo cani...e nullo è il gusto, neppure quello di giocare con la cinepresa, male, ma giocare! niente! nada!


El Alamein

E' un film che si lascia vedere. E' la storia della brigata Pavia che insieme alla Brescia e alla Folgore fu annientata nel corso del 2° conflitto mondiale in Africa nel 1942/1943 . Come già nell' impareggiabile film "La grande guerra" , anche qui si sa come toccare la "corda" degli italiani: nella stessa compagnia vengono messi soldati veneti siciliani liguri e abbruzzesi...Si capisce subito che Enzo Monteleone, il regista, non ci sta ai giochini della ricostruzione "politica", né di destra né di sinistra: ogni polemica segna il passo davanti al comune senso di appartenenza alla patria. Ciò non vuol dire che non vi siano riferimenti negativi alla avventura fascista.

La risultante è un film umanissimo su di noi, italiani. Non mi pare però che sia a tema- l'eroicità della nostra truppa, il suo carattere o la sua tenacia né la razza italica. Anche se in quelle situazioni estreme i nostri non si abbrutirono, anzi, rinsaldarono o scoprirono vincoli di umanità sempre nuova. Né a tema sono i buoni sentimenti; non vi è traccia della retorica pacifista contro la guerra. Invece il fatto del deserto come scelta d'ambiente - onnipresente, sabbioso e pietroso- conferisce alla narrazione qualcosa di biblico, nel senso della lotta contro le mille insidie derivanti dalla sete, gli scorpioni, i rettili, le mine antiuomo, la fragilità e soprattutto il nemico invisibile e senza volto che quando attacca uccide sempre: metafora del male ? L' idea non è peregrina: non per niente sono assenti nel film i ragguagli sulla situazione storico- politica generale e sulle coordinate strategico- militari.

La vicenda umana dei protagonisti ne risulta così in assoluto primo piano. Incombe la paura della morte: non già quella atavica e biologica ma quella di non ritornare ai propri affetti, alla terra dell'uomo! Bella la scena dei soldati che vanno a vedere il mare: estasiati vi si tuffano tutti "desnudi" ( probabile l' estasi delle spettatrici ...in sala!) La scelta del contrasto : deserto/ mare è felice : ma il colpo di genio è un altro, un "effetto speciale collaterale ". I soldati pur immersi in una situazione da inferno realizzano che esiste il "mare": cosa? un elemento naturale assolutamente gratuito e "altro" dall'assurdità bellica e del deserto? Il mare assurge a segno non di "un altro mondo è possibile" bensì di " un altro mondo è già qui, è presente", il che è cosa incomparabilmente di più dell' utopia no global. Un film biblico? no; paradigmato di una tragica verità, ben nota all'antico Israele: "l'uomo cerca la morte... " (Sap.1, 14/16).


Laissez-passer

- Siamo stati a vedere ultimamente anche il film di Tavernier "Laissez-passer", sulla resistenza comunista francese che -udite udite- non si era mai udito(sic) che avesse collaborato coi nazisti. Ebbene sì, è venuto fuori che i duri e puri immortali comunisti francesi hanno incassato buoni reichmark dal perverso Hitler. Ah sì, naturale per finanziare gli attentati che di quando in quando rifilavano ai tedeschi ma intanto collaboravano alla grande con la produzione del Reich! quindi non è stato solo quel bravo fesso di Petain a consumare nel nome del popolo francese la propria responsabilità nell'Olocausto degli ebrei da inviare nei lager! E com'è che per 50 anni abbiamo sentito la storiella che i cavalieri senza macchia antifascisti sarebbero stati loro?


Giovanna la Pazza

Altro film, questo vedetelo, è proprio bello, soprattutto al cinema però, a tutto schermo e non solo per la forza e la bellezza della fotografia e dei luoghi: pensate è stato girato nei più bei luoghi medievali di Spagna. Soprattutto è bello perché è un film storico e la ricostruzione suggestiva. Sto parlando di "Giovanna la Pazza". Protagonista è quella Vylona Ryder che è finita sui giornali come ladra - in effetti sembra che abbia rubato capi firmati del valore di miliardi. Sarà pure una ladra ma perbacco è una grande attrice...compare una volta pure desnuda, e non sfigura ...cari maschietti! Cancellate i ruoli di Giuliano Gemma che recita con la dentiera e la Manuela Arcuri che appena apre bocca vi fa dimenticare lo suo dolce corpore, che pure esso compare 1 volta desnudo. Sì forse l'unico difetto del film è che ne fa vedere troppa...ma solo di tette: tranquilli però sono tette sempre… storiche!
Ho trovato sublime il dialogo all'inizio tra Isabella di Castiglia e la figlia prima di partire in sposa nelle Fiandre a Filippo il Bello. Mi pare faccia vedere la vera mentalità cristiana sulla donna del Basso Medioevo (siamo ai primi del 1500): realismo e personalità forte. A paragone il consorte stesso di Isabella, tal Ferdinando e Filippo il Bello paiono marionette. Comunque è la storia della pazzia di Giovanna figlia dei Cattolicissimi di Spagna, gli stessi che mandarono in sposa ad Enrico VIII la figlia Caterina d'Aragona. Insomma un interessante spaccato della storia di un'epoca...vi sono dettagli storici che illuminano molto più che mille manuali di storia. Colpisce per esempio, rispetto a noi moderni la capacità di "vivere" la morte da parte dei medievali: c'è un sostantivo che esprime la forza morale con cui l'accettavano, la rispettavano e che il film sa rappresentare: solennità. La morte è un istante solenne.

 

Giuseppe Emmolo