La Rosa Bianca
di Giuseppe
Emmolo L'impianto
teatrale e dialogico non giovano al ritmo narrativo
del film. Tuttavia la storia del gruppo degli universitari
tedeschi – denominato la Rosa Bianca
- è appassionante. La loro lotta punta sulla
sola forza delle parole! Si direbbe una scelta velleitaria…
ma per chi non conosce i sistemi totalitari.
L’utopia
ha sempre bisogno della violenza, alla speranza è
sufficiente il realismo della verità nuda e
semplice. Ed in effetti quando il dominio della menzogna
è totale, la forza di certe parole è
irresistibile.
Talmente irresistibile che per Sophie, Hans, Cristhopher
... il nemico più difficile non è stata
la Gestapo, ma la sproporzione e la vulnerabilità
di loro stessi messi di fronte alla responsabilità
di testimoniare la verità. In un contesto di
negazione dell'umano, di manipolazione dispotica delle
coscienze il potere dei senza potere rimane quello
del martyr, il “testimone” (da
una radice greca che significa ricordarsi, far memoria)
della verità.
Gli
apparati totalitari, i lager e le ghigliottine davanti
all’appeal della verità sono come Golia
di fronte a David. Ma quando la verità si pone,
cambia tutto. Si vince la paura,
anche il terrore più inaudito, come quello
della Gestapo o delle SS. Siamo realisti: Sophie e
Cristopher volevano l’ impossibile!
La
ghigliottina, già rasoio nazionale per i francesi,
con cui Sophie e i suoi amici avranno la testa mozzata
non è appena una pratica tornata in uso nelle
carceri di Hitler ma simboleggia la pericolosità
di coloro che seguono la verità con il cuore
e la… mente.
ll film è un dramma sulla libertà:
i ragazzi passano dalla scelta iniziale di volantinare
all’università alla decisione di stare
alle conseguenze del gesto, cioè all’arresto
e al processo, aderendo fino in fondo a ciò
che li aveva mossi. E quando fumano l’ultima
sigaretta viene in mente Pavese : “con chi
non è disposto a condividere con te il destino,
non fumare neppure una sigaretta”. Verso
la fine del film quell’abbraccio dei ragazzi
esprime la corrispondenza tra loro e il destino.
E la preghiera di Sophie? lungi dall’essere
una debolezza è al contrario la forza della
creaturalità come dimensione compiuta dell’umano.
E quando infine sul foglio ancora Sophie lascia scritto
la parola libertà, siamo lontani dalla
retorica triste (e pur nobile) del messaggio politico,
lontani dall’utopia. E siamo invece all’annuncio
dell’ esperienza di una liberazione,
sopraggiunta per grazia e buona volontà, di
un evento, dell’essere una persona “cambiata”!
Non per un colpo di testa ma per una consapevole
at-tesa, e-ducazione. Morale: la libertà non
si conquista mai una volta per tutte, ad ogni crepuscolo
degli dei, nuove utopie e nuovi idoli si affacciano
all’orizzonte, ma la speranza di uomini nuovi
non verrà mai meno, perché “il
sangue dei martiri è il seme di nuovi cristiani”
(Tertulliano).
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