Una settimana da Dio
di Giuseppe
Emmolo "Una
settimana da Dio" è un film con
Jim Carrey ( buffissimo). Sembra
scemo ma non lo è, il film!
L'ambientazione è ancora quella del The
truman show ma è un'altra storia.
Tratta di un aspirante anchorman che non riuscendovi
perde l'amore della donna. Questa infatti, semplice
maestra d'asilo ma non scema, lo ama teneramente però
quando si accorge che lui ama il suo successo più
di quanto non ami lei se ne va... e che doveva fare?
Fino a qui il film è scontato. Come già
nel vecchio The mask la
narrazione si snoda tra ribellione e sfiga, tipica
del più classico degli inetti. La ribellione
però, causata del fatto che le nostre ambizione
non si realizzano (tutti qui ci possiamo riconoscere),
diventa odio e recriminazione verso Dio.
COME
FACCIAMO TUTTI, anche Carrey incolpa Dio
di non piegarsi alle nostre aspirazioni. Il rapporto
con Dio (che non ci ascolterebbe) viene infatti rappresentato
con vero realismo: il film fa vedere benissimo l'infantilismo
con cui l'uomo concepisce il rapporto di dipendenza
da Dio e la domanda, cioè la preghiera.
Se da un parte si fa vedere che Dio deve centrare
con la vita (finalmente!), dall'altra si fa vedere
come l'uomo si comporta verso Dio cioè come
fanno i bambini che, non ancora cresciuti a 40-50
anni , considerano Dio a servizio, il maggiordomo.
Viene in mente la battuta di Benigni nel film La
vita è bella: "Dio si piega
sull'uomo ma non ne è il servo" (cito
a braccio).
Quando
finalmente Bruce (Carrey) accetterà la realtà
allora imparerà a pregare da uomo cioè
a chiedere; si accorgerà che anche gli altri
esistono (non solo le sue ambizioni) e che essi a
pieno titolo entrano nella nostra vita e fanno parte
della nostra realtà. Da questo punto di vista
(l'esistenza degli altri) di grande spessore è
la metafora del fare servizi televisivi sui donatori
di sangue; dare il sangue come dare la vita per un
altro: l' aiuto più vicino cioè alla
forma di amore più
alta che esista.
Se si comprende che il rapporto con Dio si ha attraverso
il reale allora l'uomo scopre non solo i suoi veri
desideri ma anche la preghiera. Lì si capisce
che Carrey è un grandissimo attore. Ciò
naturalmente va oltre la forma della sua comicità
che esplosiva e confusionale può piacere o
no.
Vivendo la realtà con serietà e senza
censurare le esigenze vere si scopre prima o poi che
"Qualcun Altro è diventata la nostra misura"
(L..G.) E si scopre che siamo un miracolo. Il finale
è infatti uno slogans che recita così...
(non ve lo dico!)...
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