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Cattolici, per gli embrioni non esiste l’ora x
Corriere della sera 26-01-05
Embrioni Non esiste l’ora X - Le domande dei
cattolici
Non avrei mai immaginato che qualcuno si potesse
interessare tanto al dettaglio cronologico delle prime fasi della
formazione dell'embrione. Ma sento e leggo di continue dispute sull'argomento,
tanto più accese quanto più confuse. Ci si chiede
quando inizia la vita umana; se due giorni dopo la fecondazione
si può già parlare di essere umano oppure no; oppure
se occorre per questo aspettare la fine della seconda settimana;
se l'embrione è un individuo in potenza o in atto e via discorrendo.
Antonio Socci, in un’intervista pubblicata dal Corriere lunedì
scorso, vuole sapere in quale momento preciso l’embrione diventa
essere umano («Da anni - dice Socci - noi cattolici poniamo
una domanda: se l’embrione al primo stadio non è un
essere umano, qualcuno dovrebbe dire in quale momento preciso lo
diventa e non così, per convenzione, ma con un certo appiglio
scientifico»). Si mischiano e si confondono in queste polemiche
concetti molto diversi come quello di vita, di essere umano, di
concepito, di embrione, di individuo e di persona, umana o giuridica.
Alcuni di questi termini hanno una definizione scientifica, altri
sono di origine scientifica ma sono usati quasi quotidianamente
nel parlare corrente, altri sono decisamente extrascientifici. Cercherò
di chiarire alcuni punti, almeno quelli di più stretta pertinenza
scientifica.
Cominciamo con l'inizio della vita di un organismo. Non c'è
dubbio che la vita di un organismo specifico - ranocchio, gatto
o uomo - inizia con la fecondazione, cioè con la congiunzione
di un gamete maschile, lo spermatozoo, e uno femminile, la cellula-uovo
o ovocita maturo.
Il processo dura diverse ore, per cui non è
facile dire esattamente quando inizi la nuova vita, ma certamente
una condizione necessaria per poter parlare di un nuovo organismo
è che si combinino tra loro i Dna dei due genomi, quello
paterno e quello materno, per dar vita ad un genoma nuovo e molto
probabilmente unico. L’uovo fecondato prende il nome tecnico
di zigote. È una singola cellula, ma si mette subito in moto
per duplicarsi e dare due cellule, poi quattro, poi otto, poi sedici.
Fino a questo punto il tutto ha la forma di una minuscola mora e
prende non a caso il nome di morula. A partire dallo stadio di 32
cellule, all’interno della massa compatta della morula si
forma una minuscola cavità. Si è passati così
allo stadio di blastula o più precisamente di blastocisti.
Il numero di cellule continua a crescere, anche se lentamente; la
cavità si espande e verso il quarto giorno al suo interno
comincia a vedersi una masserella di cellule. Questa masserella
è chiamata massa cellulare interna dagli autori anglosassoni
mentre da noi viene detto in genere embrioblasto o, in una fase
leggermente più avanzata, bottone embrionale. Da questa masserella
e solo da questa trarrà origine il futuro embrione, mentre
tutto quello che c’era prima e che c’è intorno
ad essa a questo stadio contribuirà soltanto a formare le
membrane delle quali l’embrione avrà bisogno per nutrirsi
durante la gestazione, ma che alla fine del parto verranno gettate
via. Occorre notare che questa caratteristica riguarda solo i mammiferi,
mentre non ha l’uguale in altre categorie di animali. Sarebbe
molto interessante soffermarsi su questa osservazione, ma non è
ora il caso. Può accadere in questo stadio che all’interno
della stessa blastocisti, di masserelle cellulari interne se ne
formino due (o tre) invece di una sola. In questo caso si giungerà
ad avere due (o tre) gemelli, cosiddetti identici, invece di un
solo individuo.
Fino a questo punto tutto è avvenuto all’interno della
tuba e la blastocisti è ancora libera di vagare. Non sopravvivrebbe
però a lungo se non si impiantasse, attraverso una complessa
successione di eventi, nel tessuto dell’utero materno, dal
quale trarrà d’ora in poi il nutrimento. La fase dell’impianto
nell’utero è una fase molto critica, passata la quale
la blastocisti ce l’ha quasi fatta e l’embrioblasto
che quella contiene può cominciare a nutrire qualche fiducia
nella possibilità di dar luogo ad un bambino o ad una bambina.
È bene notare però che al suo interno l’embrioblasto
non ha ancora una minima traccia di polarità. Non sa ancora,
in parole povere, dove avrà la testa e dove la coda. I primi
segni di questa polarità testa-coda compaiono all’interno
dell’embrioblasto verso la fine della seconda settimana di
gestazione. A circa tredici giorni si comincia a distinguere un
asse corporeo principale e il giorno successivo, il quattordicesimo,
i primi tenui segni di un sistema nervoso centrale e di una struttura
spinale. A questo stadio il bottone embrionale, lungo poco più
di un decimo di millimetro, comincia progressivamente a prendere
una forma definita di embrione. Compariranno ancora altri organi
e tutti quanti dovranno crescere di dimensioni e maturare, ma lo
schema generale del corpo è già lì. Sullo sfondo
di questa successione di eventi possiamo ora porci domande più
specifiche.
Quando comincia la vita? Senza voler cavillare che la vita è
cominciata una volta sola quasi quattro miliardi di anni fa, possiamo
affermare, come già detto, che la vita di un particolare
organismo comincia in condizioni normali con la fecondazione, cioè
con l’unione del gamete paterno con quello materno. Non è
un processo istantaneo per cui non ha senso chiedersi esattamente
il momento di questa unione, ma certo questo cadrà all’interno
delle ore della prima giornata. Lo zigote così ottenuto è
un individuo? E, soprattutto, è un individuo la morula di
otto o sedici cellule presente il giorno dopo, cioè il secondo
giorno di gestazione, quando si può eseguire, volendo, una
diagnosi preimpianto? È certamente un progetto di individuo,
ma lo diverrà effettivamente soltanto nel 15-20% dei casi,
perché la maggioranza delle morule non porterà, anche
in condizioni normali, a nessun embrione e una percentuale non trascurabile
di queste porteranno a due o più embrioni. È bene
notare che è una fortuna che non tutte le morule giungano
a dare un embrione. Si tratta infatti di un fondamentale «periodo
di prova» durante il quale le morule che potrebbero dar luogo
a embrioni difettosi vengono «saggiate» dalla natura
e eventualmente scartate.
Quando comincia l’embrione? Se per embrione intendiamo l’insieme
delle parti che formeranno il suo corpo, queste non compaiono prima
del quarto-quinto giorno. Prima non ci sono e fino al dodicesimo
giorno sono assolutamente informi. Quando è che l’embrione
è un essere senziente? Non lo sappiamo con certezza, ma è
difficile pensare che ciò possa accadere, anche solo potenzialmente,
prima della comparsa di una minima traccia di sistema nervoso, comparsa
che si registra il quattordicesimo giorno. Quando è che un
embrione diventa persona e come tale gode dei diritti scritti e
non scritti spettanti ad una persona? Questa è una domanda
che esula dalla biologia e dalla scienza in generale e qui mi fermo.
Ma non senza aver notato che alla fin fine è questa l’unica
domanda rilevante, alla quale tutti siamo chiamati a dare una risposta,
anche provvisoria e rivedibile. Per noi e per i nostri figli.
Dal punto di vista biologico non c’è in sostanza nessuna
discontinuità dal concepimento alla nascita e oltre. Questo
non significa che non si possano porre degli spartiacque, come quando
si è deciso che a 18 anni una persona è maggiorenne.
Non succede niente di particolare a 18 anni, ma la convenzione umana
ha fissato questo limite e a volte lo ha anche cambiato. Una convenzione,
appunto. Non possiamo chiedere alla natura o alla scienza di cavare
le castagne dal fuoco al posto nostro. Occorre prenderci le nostre
responsabilità e fissare dei limiti, che non potranno che
avere una componente di convenzionalità. D’altra parte
è una scelta che spetta all’uomo in una autentica prospettiva
umanistica.
Edoardo Boncinelli
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