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La premessa sbagliata con la quale il prof. Severino vuole ingannarci

di Roberto de Mattei – da Il Foglio 04-12-04

Il nucleo della discussione in corso sull’embrione si riduce a due problemi fondamentali: l’embrione è o non è uomo? E, se è uomo, esistono ragioni che possano giustificarne l’uccisione? La risposta al primo quesito comporta un giudizio di natura filosofica, prima che biologica; la risposta al secondo, un giudizio di natura morale. Su questi punti si deve discutere in maniera anche serrata, ma chiara, senza seminare confusione, perché le discussioni capziose favoriscono la comoda scelta di chi, tagliando corto, propone la soluzione pragmatica: sull’embrione, nulla è certo, tutto è lecito, decida chi può per i fini che vuole. L’intervento del professor Emanuele Severino, pubblicato mercoledì sul Corriere della Sera, è un esempio di questa opera di confusione che favorisce la prospettiva della libera manipolazione dell’uomo. Il vero bersaglio polemico di Severino non è però l’embrione, ma la dottrina della potenza e dell’atto, pietra an-golare della “philosophia perennis”, di cui egli vuole dimostrare l’inefficacia ai cattolici.
Secondo i sostenitori della filosofia realista e cristiana, tutto ciò che esiste è qualcosa di determinato, di-stinto dalle altre cose e, naturalmente, dal nulla. La potenza è la capacità di ciò che esiste a essere qualco-sa. L’atto è ciò che realizza questa capacità, attribuendo alle cose la loro determinatezza. Severino obietta che, in questa prospettiva, l’embrione non è uomo, perché dai suoi difensori viene definito come “uomo in potenza”, capace di essere un giorno “uomo in atto”. Se ciò fosse vero, argomenta Severino, vorrebbe dire che il passaggio dall’embrione-essere in potenza all’uomo-essere in atto, è un itinerario possibile ma non necessario. L’embrione infatti, come ogni essere in potenza, è capace di essere qualcosa, ma anche di non esserla e questa contraddizione impedisce che gli sia con certezza attribuita la natura di uomo. L’argomentazione è fasulla, perché fasulla è la sua premessa, ovvero il fatto che l’embrione debba essere considerato uomo in potenza e non in atto. Tra le cose esistenti infatti non esiste nulla che sia solo in po-tenza, come pura capacità di essere. Tutto ciò che esiste è qualche cosa, è in atto, perché nella realtà esiste solo ciò che è determinato e, come tale, ha un certo grado di perfezione e di compiutezza. Mario Rossi è innanzitutto un uomo, e ciò lo distingue da tutti i viventi non umani; all’interno del genere umano è un vecchio, e ciò lo distingue da tutti gli uomini più giovani; è poi Mario Rossi, uomo specifico e irripetibile, diverso da tutti gli altri. Nelle sue diverse identità è sempre composto di potenza e di atto. La potenza è la sua capacità a essere qualcosa (uomo, vecchio, Mario Rossi), l’atto è ciò che realizza questa capacità. Prima di essere vecchio, è stato un bambino, come tutti gli altri esseri umani, e prima ancora un embrione: era un vecchio in potenza, ma fin dallo stadio embrionale era un uomo: un uomo specifico, in atto. Ciò che lo faceva e lo fa uomo è la sua natura razionale, cioè la sua anima, dotata di facoltà immateriali, la ra-gione e la volontà. Nel suo stadio embrionale, egli non esercitava la facoltà razionale. oggi che è vecchio e malato di arteriosclerosi la esercita malamente, ma rimane uomo, come lo era appena concepito, e la sua natura umana gli dà il diritto inalienabile a vivere. L’embrione umano è in potenza quello che diventerà: un adulto, uno studente, un medico. Ma egli è già uomo in atto, difatti le sue potenzialità future sono irre-versibilmente determinate dalla propria natura umana: l’embrione-uomo non diventerà una scimmia o una formica, né potrebbe diventarlo, ma solo un uomo adulto. L’embrione quindi è, in atto, un uomo allo stato embrionale e, in potenza, è anche un uomo destinato – se non intervengono fattori esterni – a svilupparsi fino a diventare bambino, adulto, vecchio e infine cadavere, dato che tutti siamo destinati a morire. Non c’è quindi contraddizione nel fatto che l’embrione è insieme un essere in atto e in potenza, in quanto lo è sotto due aspetti diversi e in tempi diversi: l’embrione è uomo-embrione in atto e uomo adulto solo in po-tenza. Non si può dire che, siccome l’individuo-embrione non attua perfettamente la natura umana, non partecipa della dignità di questa natura;tanto varrebbe dire che anche il neonato e il bambino, e talvolta anche l’adulto, non attuano questa natura, e meno ancora l’attua l’handicappato, il cerebroleso e il coma-toso irreversibile. Si tratta della solita confusione tra la natura umana dell’uomo e le sue facoltà. Un uomo è perfetto nella sua natura grazie all’anima che ne fa non solo un individuo, ma un individuo della specie umana, e quindi una persona, la cui realtà e dignità dev’essere riconosciuta dalla coscienza sia dei genitori che della comunità in cui nasce, e dev’essere quindi tutelata dalle leggi della società politica.