GRUPPO GENITORI 5
1 - Crescere: cosa significa
diventare grande?
2 - Che cosa ti
ha aiutato a crescere: esperienze, incontri, letture . . .
3 - Pensi di essere già
arrivato? E se no, cosa manca?
Riflettendo sulla crescita
Penso che il livello di crescita di una persona sia sostanzialmente
commisurato al grado di autonomia raggiunto e allo stato della
costruzione della propria personalità. Partendo dalla condizione
di dipendenza totale in cui si trova il neonato, si acquisiscono
stati di crescente autonomia e si forma man mano la propria identità
personale che raggiunge di norma una sua stabilità nell’età
adulta. Credo che questa stabilità si possa considerare
un traguardo, anche se difficilmente individuabile e non definitivo:
la personalità, come insieme degli aspetti cognitivi, affettivi,
motivazionali e volitivi dell’individuo, è, secondo
me, una struttura dinamica che non cessa, per fortuna, di modificarsi
nella continua interazione dell’individuo con la società.
Credo che si possano individuare per ciascuno degli aspetti della
personalità dei traguardi intermedi corrispondenti a tappe
successive del proprio processo di acquisizione di autonomia e
di costruzione del sé. Si affrontano cioè tappe
nell’ambito dell’autonomia materiale o indipendenza
economica, fino al superamento del bisogno di mantenimento da
parte della famiglia; in quello attiguo dell’autonomia come
libertà di movimento e scelta delle frequentazioni, fino
a poter uscire quando e con chi si vuole e andare dove si vuole;
in quello dell’autonomia come interiorizzazione di regole
e assunzione di responsabilità in fatto di igiene, convivenza
e salute, fino a garantire a se stessi, autonomamente appunto,
pulizia e ordine negli ambienti domestici, corretta alimentazione,
sistematica attività motoria, cura di sé e puntualità
(questi elementi di autonomia possono sembrare marginali, ma secondo
me contribuiscono in modo sostanziale a far acquistare dignità
alla persona, a renderla degna di rispetto); abbiamo poi tappe
nel processo di acquisizione dell’autonomia di giudizio
e di valutazione, che, secondo me, è insieme acquisizione
di autonomia e costruzione personale dell’attitudine a guardare
lontano nel tempo e nello spazio, fino alla capacità di
fare scelte importanti per il proprio futuro negli studi e nel
lavoro.
Per gli aspetti affettivi della personalità si tratta di
un processo di costruzione, la cosiddetta educazione sentimentale,
che si nutre di letture, di film e soprattutto di incontri e che
porta alla capacità d’amare e di provare sentimenti
limitrofi come l’empatia, la compassione, la gratitudine.
L’innamoramento e l’amore sono, come tutti sanno,
tra le condizioni più desiderabili e ricercate nella vita.
E la sessualità è una componente determinante dell’arte
di amare che si impara partendo dalla conoscenza del proprio corpo
e di quello della persona che si ama.
Il come e il quando si raggiungono queste tappe della crescita
dipendono moltissimo dalla famiglia e molto anche dal momento
storico e dal sistema sociale in cui ci si trova a crescere. Qui
da noi, negli ultimi cinquant’anni la famiglia, la società
e in generale il modo di vivere sono cambiati più che nei
duemila anni precedenti: penso che ci sia più differenza
tra il vissuto dell’adolescenza di mia figlia e il vissuto
di mio padre che tra quello stesso di mio padre e quello di un
adolescente romano cresciuto in una delle famiglie che duemila
anni fa coltivavano la terra nella zona centuriata dove abitiamo.
È certamente determinante per la crescita la capacità
della famiglia di favorire e incoraggiare fin da piccolissimi
l’autonomia, ma non sempre c’è questa capacità.
In me come genitore forse è stata scarsa. Così come
è determinante la capacità, prescritta anche dal
codice civile, di educare i figli tenendo conto delle loro capacità,
della loro inclinazione naturale e delle loro aspirazioni.
Scoprire che i propri genitori non sono affatto onniscienti come
sembravano e men che meno sono esperti nell’attività
che più ci riguarda cioè quella di genitori, è
una tappa quasi obbligata della crescita – a meno che non
si sia figli di Umberto Eco -, è una delusione ma insieme
anche un traguardo che fa sentire grandi e incentiva l’autonomia.
Può capitare anche, successivamente, di rivalutarli un
po’ i genitori, di rendersi conto magari che sono persone
oneste e sincere in confronto a tanti impostori e arraffoni che
ci stanno intorno, e che il mestiere di genitori nessuno te lo
insegna e, in questa nostra società di figli unici, non
lo si può nemmeno imparare con l’esperienza degli
errori commessi col primo figlio.
In ogni caso, penso che per crescere bene, cioè in modo
da trovare le strade più adatte al proprio talento e poter
vivere una vita felice, occorra non farsi condizionare dalle aspettative
degli altri, genitori per primi, nei nostri confronti, non fossilizzarsi
in ruoli e percorsi obbligati, ma mantenersi versatili, aperti
al cambiamento.
I traguardi che man mano si susseguono spesso mettono in crisi
le convinzioni raggiunte in quelli precedenti. A me è sembrato
diverse volte di dovere ricominciare tutto da capo:
probabilmente non avevo imbroccato le strade più adatte
a me.
Penso che sia importante cercare di evitare di fare sempre gli
stessi errori e quindi mantenere la memoria del proprio vissuto,
magari tenendo un diario, cosa che io non ho fatto: registrare
le domande che ci si pongono via via, gli errori in cui cercare
di non ricadere, ma soprattutto i traguardi raggiunti e le convinzioni
maturate, i punti da cui partire per nuove tappe. Ma penso che
sia altrettanto importante fare in modo che il proprio vissuto,
il come si è stati nel passato non diventi una gabbia che
ci impedisce di cambiare, di fare nuove esperienze, di essere
nuovi, diversi. Bisognerebbe poi riuscire a non addossarsi colpe
che non si hanno.
Penso anche che la crescita ideale sia quella che mantiene vive
la curiosità per il mondo, e soprattutto per le persone,
e la capacità di stupirsi che sono presenti naturalmente
nel bambino.
Oltre alla famiglia, che è quella che uno si ritrova e
spesso inadeguata, la crescita è ovviamente condizionata
dalle altre agenzie sociali come la scuola e i mezzi di informazione,
e più in generale dal sistema sociale in cui ci si trova
a crescere.
Per molti di quelli che come me avevano vent’anni nel ’68
sentirsi grandi, nel senso di cresciuti, ha coinciso con la partecipazione
alla rivolta studentesca: l’ideologia forniva schemi per
“capire”, per interpretare gli avvenimenti politici
ed economici e i comportamenti della gente.
Prima mi ero sentito “grande” quando a 17 ho potuto
avere una moto per andare con gli amici a ballare i nuovi balli
e a sentire le nuove musiche, abbigliati da ragazzi beat.
Avevo poi avuto, come credo abbiano in generale gli adolescenti,
un grande bisogno di capire. Purtroppo non ho incontrato maestri
che mi indirizzassero: sia l’ambiente familiare e paesano
che la scuola superiore tecnica che frequentavo non me ne fornivano.
Essere adolescenti negli anni Sessanta ha comunque coinciso con
un generale protagonismo dei giovani, prima sul piano del costume:
la musica, i vestiti, i primi capelli lunghi, (i Beatles, i Rolling
Stones, il rock che ne è seguito), i comportamenti sociali
(le teorie dell’amore libero, il femminismo), e poi sul
piano della ideologia politica, con in mezzo per me la parentesi
del servizio militare.
Per me che non avevo viaggiato e quindi non avevo avuto modo di
conoscere giovani di città e di estrazioni sociali diverse,
il servizio militare, negativo per tutto il resto, ha avuto l’unico
pregio di mettermi a contatto con coetanei diversi da me: alcuni
più “grezzi” nei confronti dei quali mi sono
sentito cresciuto e altri più colti e maturi a fianco dei
quali mi sono trovato immaturo e la cui vicinanza mi ha stimolato
a migliorarmi: ho cominciato a leggere e a cercare di capire per
questa via sia me stesso (con la scoperta dell’inconscio
mediante autori come Freud, Jung, Fromm ...) che la società
(con la scoperta dell’alienazione, dello sfruttamento, del
dominio in Marx, Marcuse ...). Dopo, anche a seguito di brevi
esperienze non gratificanti nel mondo del lavoro, per approfondire
con metodo la ricerca ho deciso di andare all’università
scegliendo un corso di studi sulla società.
L’introspezione, lo studio e l’ambiente del movimento
studentesco mi hanno portato a riconoscermi nell’ideologia
che tendeva a spiegare quasi tutto dando la colpa al sistema:
la famiglia, il capitalismo, l’imperialismo, il consumismo,
i democristiani erano le cause del malessere esistenziale. C’era
un intero mondo, un sistema, da cambiare attraverso la contestazione
e la lotta politica.
Nella seconda metà degli anni Settanta, i cosiddetti anni
di piombo, c’è poi stata da un lato la deriva del
movimento verso la violenza e il terrorismo, e dall’altro
il riflusso nei partiti tradizionali e nel privato che per me
ha coinciso dai 28 ai 30 anni, nell’ordine, con la fine
dell’università, l’inizio dell’attività
lavorativa, l’uscita dalla famiglia e l’accoppiarmi:
tappe fondamentali per il raggiungimento di una certa stabilità
nell’identità personale.
Non avevamo cambiato in nulla il sistema, se non in alcuni aspetti
del costume: possibilità di tenere i capelli lunghi o la
barba e di vestirsi in modo più libero, maggiore libertà
nei rapporti tra i sessi.
Una certa quota di disillusione e di scetticismo che penso si
accompagni spesso all’avanzare dell’età, per
quelli della mia generazione proviene probabilmente anche dal
tramonto di quella ideologia.
Loris F.
Mamma
A mio parere diventare grandi vuol dire proprio crescere, raggiungere
il giusto equilibrio tra pensiero e azione, quando, cioè,
si riesce ad avere reazioni ponderate e non istintive.
Crescere vuol anche dire capire quando una tua azione può
essere positiva o negativa per te o per altri, e comunque le tue
azioni devono portare sempre frutti positivi.
Crescere è indispensabile per ogni persona perchè
serve a sè stessi e anche agli altri. E' anche un segno
di Maturità: ti dà la giusta dimensione delle cose
e riesci a capire molte volte se quello che fai o vuoi è
necessario o futile.
Non si finisce mai di crescere, nella vita gli esami non finiscono
mai. Ogni giorno è diverso dagli altri e ti insegna cose
nuove, le difficoltà, i problemi di ogni giorno aumentano
la tua Maturità e ti fanno crescere di giorno in giorno.
E' per questo che si parla sempre dicendo "la Maturità
dei nostri nonni...".
LUCIA GALLERANI
Papà
*Cosa vuol dire diventare grandi?
-Diventare grandi? Mah, non saprei, per quanto riguarda l'altezza...non
mi interessa, per tutto il resto non sono sicuro di essere diventato
grande, perchè tutti i giorni c'è sempre qualcosa
da imparare (se vogliamo veramente pensarci giorno per giorno
che passa!).
*Cosa è stato che ti ha aiutato a crescere?
-Quello che mi ha aiutato a crescere nella vita sono state le
varie esperienze vissute sulla mia pelle, sia quelle belle che
quelle brutte, le quali vengono suddivise in alcuni momenti particolari
della mia vita:
Adolescenza, maggiore età: per questo devo dire grazie
ad un ex prete e a mia suocera.
Matrimonio: per quanto riguarda il matrimonio devo dire che è
stato il momento più bello della mia vita attuale (se dovessi
ripetermi in una eventuale seconda vita terrena lo rifarei anche
prima dei 22 anni di allora), questo grazie al grande insegnamento
che ho avuto dai miei genitori (anche se non c'erano possibilità
finanziarie). Secondo, dal grande Amore che lega me e mia moglie,
il quale ci ha aiutato tantissimo nelle varie esperienze di coppia
(la maggioranza delle quali hanno riservato per noi delle privazioni).
Morte: la morte di mio padre è stata come un faro che si
accende nella notte buia. Cioè, mentre per un periodo ti
trovi triste e persino perso per la perdita di una persona così
cara, dopo mi sono reso conto di tutte le cose che Lui mi aveva
detto nei momenti dolci e nei momenti brutti.
La Famiglia: Crescere vuol anche dire saper accettare nell'ambito
familiare quello che la vita ti riserva sia nel bene che nel male.
E per quanto mi riguarda devo dire che sia dalla famiglia mia
di origine, che dalla mia attuale ho vissuto momenti intensissimi
i quali mi hanno aiutato moltissimo a crescere.
*Crescere è poi così positivo o no?
-Certo che crescere è positivo, altrimenti potremmo essere
tutti animali o piante (anche se loro crescono, ma solo dal punto
di vista del fisico), visto che chi ci ha creati ha dato a noi
anche il potere di ragionare sulle cose.
*Pensi di essere già arrivato? Se no, cosa ti manca?
-No, non penso di essere arrivato (e mi ripeto...) perchè
ogni giorno della nostra vita ci riserva qualcosa di nuovo. E
da credente penso di potermi considerare arrivato solo quando
mi ricongiungerò con Colui che mi ha Creato.
ISIDORO BREVEGLIERI
1. Crescere: cosa vuol dire diventare “grandi”?
Se per “grandi” si intende essere “non più
piccoli” cioè giovani, io penso che crescere significa
avere la consapevolezza del tempo già trascorso. Ognuno
di noi poi divenuto adulto, in cuor suo spera di essere cresciuto
non solamente in peso fisico, ma anche nella capacità interiore
di poter amare di più il prossimo suo e dei suoi simili
2. cosa è stato per te ciò che ti ha aiutato a
crescere?
Un grande contributo alla mia crescita mi viene dall’avere
ben impresso nella mia memoria i racconti dei miei nonni e dei
miei genitori; racconti tutti intrisi di grandi sofferenze e sacrifici
patiti nei lavori più umili e faticosi.
Le loro semplici e accorate esperienze di vita mi sono state sempre
trasmesse con l’intento, da parte loro, di far si che io
reagissi con ostinazione a forme di vita ritenute “miserevoli”.
Quasi un tormento quotidiano: Studia e impara perché lavorare
“l’è fadiga” (è fatica)
3. Pensi di essere già arrivato? Se no cosa ti manca?
No, non sono già arrivato per il semplice motivo che
il mio cammino di vita e per la
vita, intrapreso già da molti anni, continua. Non possiamo
dichiararci “arrivati”, è come
se accettassimo di vivere per sempre come corpi e anime surgelati
nel frezer,
impossibilitati al dialogo, al confronto, ai sapori del creato,
all’amore.
Poppi Stefano
Crescere: cosa vuol dire diventare “grandi”?
Crescere = passaggi dalla nascita all’infanzia, dall’infanzia
alla pubertà, dalla pubertà all’adolescenza,
dall’adolescenza alla maturità.
Si diventa “grandi” o “maturi” solo quando
si sono fatti questi passaggi in maniera consona e lineare all’età
che si sta vivendo, senza traumi (che possono essere di origine
traumatica o psico-fisica) che abbiano impedito o bloccato la
propria crescita.
Cosa è stato per te ciò che ti ha aiutato a crescere?
Dopo aver raggiunto la maturità che io definirei consapevolezza
della mia personalità ritengo che la mia crescita io l’abbia
affrontata da sola facendo esperienza di vita in Collegio che
hanno rafforzato il mio modo di pensare e di rapportarmi con gli
altri imparando una professione che mi dava e mi da tuttora tante
soddisfazioni.
Pensi di essere già arrivato? Se no cosa ti manca?
Penso di essere già arrivata?Dal punto vista professionale
ed emotivo penso che non si possa mai dire:”sono arrivato,
non riesco ad andare oltre!” perché come il progresso
e la tecnologia sono sempre in continua evoluzione anche noi dobbiamo
metterci in quest’ottica in cui non c’è mai
un punto d’arrivo e quindi anche noi non dobbiamo mai fermarci.
Nadia Giovannini
1) Crescere: cosa vuol dire diventare grandi?
Risp) Maturare sotto ogni aspetto, diventare responsabili delle
proprie
azioni.
2) Cosa nel passato ti ha aiutato a crescere?
Risp) Sicuramente l'insegnamento dei genitori mi ha aiutato molto,
inoltre
una buona compagnia di amici.
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